«Se chiudono noi Predappio è morta»

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PREDAPPIO. «È passato alla Camera? C’è ancora il Senato. Voglio vedere se mi levano la licenza dopo 40 anni». Luigi Pompignoli nel 1983 si è inventato un lavoro nuovo a Predappio: vendere souvenir del duce. Quelli che diventerebbero illegali, se la modifica dell’articolo 293-bis del codice penale proposta dal Pd e passata martedì alla Camera ricevesse l’ok anche al Senato diventando legge, prevedendo per chi la viola una pena da 6 mesi a 2 anni, aumentata di un terzo se la propaganda avviene via internet. Legge che si aggiunge alle altre sull’apologia e che cerca di togliere dubbi interpretativi, norma che potrebbe pesare sulle sorti di Predappio.

Souvenir fascisti

Luigi Pompignoli ci ha cresciuto la famiglia con i proventi del suo negozio: «Tre figli che hanno sempre lavorato qui, e sei nipoti. Più due commesse» elenca il titolare di Predappio Tricolore Souvenir. «La gente veniva e chiedeva ricordi del duce anche allora, ho cominciato a stampare le cartoline giù in tipografia a Forlì poi è venuto tutto il resto. E con i turisti che vengono per questo, a Predappio poi sono cresciuti i ristoranti, i bar, dove andiamo anche noi. Se chiudono noi Predappio è morta. Dopo dove si va che non c’è un divertimento, non c’è neanche un cinema? Ma di cosa hanno paura, non vendiamo mica i mitra e le pistole noi. Credono che con le nostre magliette e i calendari del duce torni il fascismo?». «Se dovrò chiudere cosa farò? Ho due magazzini pieni di roba, butterò tutto in piazza e chi vuole qualcosa lo prenderà su». Pompignoli la butta ancora una volta sul “folclore” di quei turisti particolari che a lui danno da vivere. E comunque non sembra preoccupato più di tanto per la nuova legge; altri suoi colleghi (in tutto i negozi di souvenir analoghi sono tre), preferiscono non rispondere. Pare poi che gli affari non vadano più bene come un tempo: «Negli anni buoni passavano anche 3.000 persone per l’anniversario della Marcia su Roma, adesso non si vedono mica più in tanti».

Pellegrinaggio continuo

Al cimitero, però, a visitare la tomba del duce ci sarebbe sempre un certo movimento e non solo nelle occasioni “canoniche”: nascita, morte di Mussolini e marcia su Roma, appunto. «Ad agosto è venuta tantissima gente, mica del posto! Da Forlì e Predappio non viene nessuno, vengono da fuori» spiega Vittorio (il cognome non vuole che si scriva), incaricato ancora a suo tempo da Romano Mussolini di curare la tomba di famiglia al cimitero di San Cassiano in Pennino. E cosa dice questa gente? «Cosa vuole che dicano? Che va tutto a rotoli, e che ci vorrebbe ancora lui» risponde Vittorio, preoccupato ora di trovare qualche sponsor per finanziare la manutenzione della cripta, dove di familiari pare non ne passino spesso da quelle parti «Abbiamo chiesto di poter rimettere un picchetto d’onore – ammette Vittorio – la famiglia ha detto vedremo, dopo che la tomba sarà stata sistemata».

Le “parate”

Ma la proposta di legge Fiano passata alla Camera non punta solo a fermare chi propagandi il fascismo, e il nazismo, attraverso immagini, frasi proprie del regime facendo espresso riferimento a gadget e souvenir, ma anche chi “ne richiama pubblicamente la simbologia”. Le manifestazioni di piazza che almeno tre volte all’anno vedono sfilare a Predappio alcune centinaia di persone in camicia nera e con il braccio alzato, dovrebbero cascarci dentro in pieno. «Vergognoso che un italiano non possa fare il saluto dei legionari» sbotta Domenico Morosini proprietario di Villa Carpena, casa del duce, acquistata dalla famiglia a fine anni Novanta e trasformata in casa-museo, a poca distanza da Predappio nelle campagne di Forlì. È lui che organizza le manifestazioni. Se gli contesti che non è che con quel saluto ci si riferisca proprio a Giulio Cesare, va oltre e, fra un motto e un rammarico, afferma: «A me il turismo non interessa, poi se mettiamo i cartelli con le indicazioni o ce li imbrattano o ce li staccano sempre, qua tutti fanno finta di non sapere dov’è la casa del duce. Ma noi andiamo avanti, qui raccontiamo chi era Mussolini, non verranno le scuole, non ce le mandano mica, ma gli stranieri vengono a studiare sui nostri documenti». Il decreto non lo preoccupa, «chissà quando ci arriverà in Senato» dice Morosini. Intanto però deve andare in questura nei prossimi giorni per la prossima manifestazione nostalgica di fine ottobre: «Per vent’anni nessuno ha detto niente, le ultime due volte c’erano le camionette della celere, vedremo. La saluto. A noi!». Sarà folclore.

Il sindaco

Il sindaco di Predappio Giorgio Frassineti scrolla le spalle. Anche lui non sembra credere che il ddl Fiano arriverà in porto alla fine. E comunque per lui in quanto sindaco non cambierebbe molto, dice. Come afferma ogni volta interpellato in merito, e ultimamente capita spesso: «I negozi di souvenir sono 3, una percentuale minuscola delle partite Iva predappiesi. Se dovranno chiudere chiuderanno, faranno altro. Le leggi si rispettano e a farle rispettare ci penseranno i poliziotti e i carabinieri, che avranno un lavoro in più da fare». Però, aggiunge: «Dico che questa è solo la prima parte del lavoro, poi si deve far studiare gli italiani e sbattere loro in faccia cosa è stato davvero il fascismo: la negazione della libertà che si traduce in una tragedia collettiva, la guerra. Predappio ha vissuto il fascismo, lo sa». Frassineti ha il progetto milionario del centro studi e museo sul totalitarismo da portare in porto. Nei giorni scorsi lo ha portato all’assessore regionale alla cultura, adesso dice che lo potrà rendere finalmente e integralmente pubblico presentandolo in primis alle associazioni storiche che da tempo glielo chiedono.

La presidente di Atrium

«Non vedo l’ora che la modifica del codice venga approvata definitivamente – commenta per parte sua Elisa Giovannetti, presidente di Atrium (il progetto europeo che indaga e valorizza il patrimonio architettonico, archivistico e immateriale dei regimi del Novecento anche a Forlì e Predappio ) –. Era doveroso entrare nel merito di quello che accade come le manifestazioni filofasciste inaccettabili. Da quando negli anni Cinquanta le spoglie di Mussolini furono riportate a Forlì, Predappio e tutto il territorio sono stati condizionati dalla presenza dei nostalgici. Non sono solo manifestazioni sgradevoli sono esempi pessimi, è necessario smettere di pensare che “possa accadere”. Questo decreto ci dice che questo genere di espressioni si possono impedire con la logica della democrazia. Lo dobbiamo alle nuove generazioni».

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