«Meglio non riaccendere quel faro»

Rimini

Riaccendere la lanterna del faro del duce. L’ipotesi aleggia da quando si è messo mano al restauro di Rocca delle Caminate, quella che fu la residenza estiva di Mussolini, il luogo dove si tenne il primo consiglio dei ministri di quella che sarebbe diventata la Repubblica di Salò. Per la Romagna quella luce, visibile fino a Rimini, aveva un significato chiaro: si accendeva quando fra quelle mura camminava lui. Ecco perché oggi la notizia dell’ipotetica riaccensione, per la quale la Provincia ha già dato teoricamente l’ok, i soldi invece no, fa scalpore e suscita dibattito, politico da un lato, un po’ più “da bar” sulla piazza social. Chi invece si occupa di storia per mestiere, come Marcello Flores, studioso in particolare del Novecento di totalitarismi e genocidi, docente universitario e curatore del Festival del 900 che ogni anno si tiene a Forlì, evidentemente preferirebbe che si parlasse d’altro, prima che dell’ipotesi riaccendere questo faro.

Da storico e studioso in particolare del Novecento, cosa pensa della ipotetica riaccensione del faro di Rocca delle Caminate?

«La questione non mi entusiasma. Personalmente non lo accenderei. Perché mai farlo? Anche perché comunque mi sembra di capire che ci sono soldi da spendere. Non mi straccerei le vesti davvero per questo e non credo che serva granchè nemmeno ad attrarre turisti».

Lei sta coordinando i lavori del comitato scientifico dell'Istituto Parri incaricato di mettere a punto il Museo sul fascismo di Predappio. Non c’è alcun collegamento fra le due cose?

«Proprio nessuno. Quello del Museo di Predappio è un tentativo serio di raccontare un pezzo di storia che non va negato né dimenticato, ma letto e pensato come ogni altro periodo storico. In Italia non esiste alcuna narrazione pubblica del fascismo in modo organico e scientifico. Qualcuno ha detto che quel museo si sarebbe dovuto fare altrove, a Milano, o a Roma, ma siccome nessuno ci ha pensato, apprezzo molto il coraggio del sindaco di Predappio che si sta impegnando a fondo su questo. Ecco: le risorse, che già scarseggiano semmai dovrebbero essere concentrate su progetti così, questa è una bella sfida».

Il Consiglio della Provincia di Forlì-Cesena intanto ha però votato per la riaccensione, e qualche consigliere ha proposto di illuminare il faro nelle giornate simbolo della Liberazione e dell’antifascismo. Non c’è un rischio di superficialità in queste proposte?

«Il rischio c’è sempre quando si maneggiano simboli. Certamente è da combattere in ogni modo l’eventuale idea di accenderlo in ricorrenze legate al Fascismo, ma credo che nessuno abbia in mente cose di questo tipo. Per il resto davvero non vedo che senso abbia lavorare tanto per accenderla quelle 3/4 volte all’anno, di per sé non ha una grande forza questa ipotesi. Mi rendo conto che la ristrutturazione di Rocca delle Caminate senza la lanterna del faro risulti ad alcuni filologicamente incompleta, ma in realtà il faro non ha una rilevanza. Pensandola così, non riesco a entrare in sintonia né con chi vuole riaccenderlo, né con chi si oppone».

Le intenzioni dichiarate non sono certo di rievocazione nostalgica da parte degli amministratori, ma nel dibattito che si è sviluppato anche sui social network a volte emerge anche questo sentimento. La Romagna, e Forlì in particolare che lei conosce bene, ha fatto del tutto i conti con il proprio passato?

«Non è attraverso la riaccensione di questo faro che li farà, comunque. I simboli sono rischiosi e ambigui, perché incaponirsi? In Romagna quel passato è molto lontano, è vero che ci sono alcuni nostalgici che si palesano in alcune occasioni, ma sono isolati e isolabili. Il Museo di Predappio o il progetto Atrium sono i modi per dare una cifra nuova al rapporto col proprio passato. Indagata e raccontata la storia per ciò che è stata, si potrà acquisire quello sguardo laico che consentirà di mettere mano anche agli edifici del Ventennio senza dover ogni volta fare una battaglia, solo allora sarà chiaro che non ci sono sottintesi di alcun tipo».

La notizia ha varcato già i confini locali, in Parlamento è stata presentata un’ interrogazione da parte di un parlamentare che adombrava il rischio di apologia del fascismo. Cosa ne pensa?

«Mi sembra esagerato, ma siccome è evidente che qualcuno potrebbe leggerlo anche così, meglio sarebbe non riaccenderlo quel faro».

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