Ci prova anche Stefano Bonaccini
Strategie di persuasione. Bonaccini è in un ruolo particolare: come responsabile nazionale degli enti locali non può che vedere con sospetto ogni mossa che possa, anche solo lontanamente, indebolire quei risultati politico-amministrativi a portata di mano. E la ricandidatura di Balzani viene considerata meno rischiosa di qualsiasi altra possibile nel territorio di Forlì. Restano le obiezioni del professore, anche di tipo personale, lo stress familiare e la pressione psicologica verso la moglie e i due figli, la tentazione universitaria che è sempre presente nel docente. A differenza di Renzi, però, Balzani ritiene che chi guiderà la città non può in linea di principio abbandonare in corso d’opera perché allettato da qualche incarico elettivo di altro ambito. Sui rapporti con Vasco Errani da parte di Bonaccini un esercizio di equilibrio. Le ragioni personali di Balzani sono comprensibili, ma non bisogna sparare ad alzo zero verso un presidente destinato alla conclusione di un mandato contrassegnato non solo da ombre cupe e in tempi difficili.
La cosa più certa. La promozione di Balzani nella direzione nazionale del Pd lo ha proiettato in una luce non più locale, ma il professore proprio ora che può scegliere deve avere ben chiaro che come sindaco, o in altra veste, il risultato elettorale del Pd forlivese, soprattutto in ambito comunale, lo interessa comunque. Non sarà facile ripetere l’exploit del 2009, anche se la macchina del Pd che si è vista all’opera per le primarie nazionali che hanno dato a Matteo Renzi la vittoria a Forlì è forte. Balzani vuole tentare sul serio la carta politica, non solo quella amministrativa. Può provarci, se avrà un cenno diretto da Renzi, la corsa delle Europee, oppure ricandidarsi con sacrificio alla carica di sindaco forte di una vasta spinta non solo interna al Pd locale. E poi ci sono le prossime politiche e la vicenda regionale che, forse, è il nodo da sciogliere per qualsiasi amministrazione romagnola. La revisione del “modello emiliano” apre riflessioni sui limiti del governo regionale e un nuovo orizzonte.
Pietro Caruso