I molini sono affare di famiglia e così Partisani è leader mondiale

Rimini

FORLÌ. «Il lavoro è sempre stato divertimento e passione, anche se ieri devo dire la verità non sono riuscito ad andare a pranzo e sono arrivato a casa la sera abbastanza stanco». Niente di strano, se a parlare non fosse il “giovane” Ernesto Partisani, 91 anni compiuti il 2 giugno scorso, ancora brillantemente alla guida dell’impresa che progetta e assembla molini a macine in pietra per produrre farine integrali.

Da oltre settant’anni sul mercato, nel cui settore è leader mondiale con una quota di esportazioni che assorbe il 70 per cento della produzione e addirittura una presenza di proprie macchine a servizio dei molini italiani pari all’80 per cento. «Nonostante questi numeri (la Partisani fattura circa 10 milioni all’anno ndr) abbiamo sempre scelto di restare “piccoli” - ricorda con orgoglio l’imprenditore - proprio perché vogliamo dare un servizio personalizzato ad ogni nostro cliente e vogliamo che ogni molino abbia le caratteristiche e le prestazioni richieste».

Generazioni. Azienda e famiglia, binomio imprescindibile per i Partisani. Fin dai tempi del padre di Ernesto, il vulcanico Aldo (morto nel 1990 a 87 anni) storico mugnaio di Ricò a Meldola, che la fondò negli anni Trenta del secolo scorso, per arrivare al figlio Andrea, 55 anni - responsabile della divisione motori elettrici con la quale l’azienda commercializza grandi marche e che guarda al padre come «fonte costante di ispirazione e stimoli» - e al 31enne Riccardo Franchini, nipote di Ernesto, alla guida dello stabilimento di Vecchiazzano dove si assemblano i “gioielli” meccanici, e figlio di Monica, anche lei a fianco del padre 91enne. «Quando morì mio padre - prosegue Ernesto - lavoravo a Milano, dove vivevo con mia moglie Mirella e la prole e dove abbiamo un nostro ufficio fin dal 1951. A quel punto, essendo figlio unico, ho preso in mano l’azienda, lasciando ad Andrea il settore dei motori elettrici, e dedicandomi a quello dei molini con macine in pietra. Macchine che, a differenza di quelle a cilindri, hanno la capacità di macinare tutti i cereali tranne la soia, impossibile da trattare perché troppo oleosa».

Salute. Ed è su questa partita che Partisani ha sempre giocato anche una battaglia per difendere sane abitudini alimentari. «Se i chicchi sono lavorati da macine in pietra subiscono un solo passaggio - dice - lasciando così inalterate le varie componenti nutrizionali. La farina prodotta dai molini a cilindri, invece, perde molti dei suoi sali minerali e, a contatto col metallo, anche la sua componente di vitamina E. All’utente finale resta una polvere bianca composta prevalentemente da amido. Basti pensare che il pane fatto con quest’ultima dura al massimo una giornata, quello con la farina integrale è morbido per almeno 4-5 giorni». Largo quindi alle farine integrali o semi-integrali che stanno guadagnando nuovi spazi proprio per i benefici che procurano.

Stimoli. Insomma un mondo tutto da scoprire e che vede Partisani ancora protagonista, nonostante l’età che, dice, non rappresenta un problema. «Certo i tempi di recupero sono più lunghi - ricorda - ma non mi preoccupo più di tanto visto che sabato e domenica sono spiazzato perché non posso essere in ufficio. La mia soddisfazione non è nel denaro, comunque fondamentale per progredire, ma nella capacità di soddisfare i nostri clienti con macchine sempre all’avanguardia». Pensate e disegnate dal giovane Giacomo Cortesi nello stabilimento di Vecchiazzano. Ma nella vita ed esperienza professionale di Partisani c’è altro. Una scintilla sempre accesa. «Quella della curiosità. Il desiderio perenne di conoscere la natura delle cose e che mi fa riconoscere nel motto “Finché vivo voglio crescere”. E’ quello che vorrei restasse di me in azienda soprattutto tra i giovani che hanno sempre troppa fretta». Una realtà che naviga bene anche nella crisi. «La nostra filosofia è il rapporto col cliente e la capacità di essere pronti a recepire le novità che la tecnologia offre in continuazione. Ed è quello che ci ha sempre contraddistinto e per cui ci cercano. Quella fiducia che, purtroppo, adesso vedo mancare un po’ ovunque, non solo nel mondo del lavoro, ma anche verso le istituzioni di ogni tipo».

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