Adescano adulti sul web per poi ricattarli accusandoli di pedofilia

Rimini

FORLÌ. Interpretavano alla perfezione il ruolo di vittime, per poi trasformarsi in persecutrici senza scrupoli nei confronti di quanti, sensibili al fascino delle adolescenti, abboccavano alle proposte di amicizia su facebook pronte a trasformarsi in vere e proprie estorsioni con la minaccia di denuncia per pedofilia. L’inchiesta della Squadra Mobile, iniziata circa un anno fa, ha portato alla denuncia di dieci minori forlivesi, cinque dei quali ragazze, e di tre adulti.

Il sesso. Per il primo di questi, un 30enne proveniente da fuori regione, che in un paio di occasioni ha concluso atti sessuali con due ragazzine della banda in un albergo del centro, è scattata la denuncia per prostituzione minorile, aggravata - dopo la perquisizione domiciliare - da quella di detenzione di materiale pedopornografico. Accusa, quest’ultima, rivolta anche agli altri due, tra i 24 e 25 anni, entrambi del Forlivese.

Dio denaro. Ma quello che ha colpito gli inquirenti, impegnati in un serrato lavoro di indagine nel quale si sono avvalsi anche di pedinamenti e intercettazioni telefoniche, è l’assoluta mancanza di scrupoli da parte dei giovanissimi coinvolti, in gran parte 14enni all’epoca dei fatti - due i 18enni - e la freddezza con la quale ponevano in essere minacce e richieste di denaro: inizialmente per ricariche telefoniche e poi in contanti. Ma non solo.

Una fame di soldi che li aveva spinti anche a commettere piccoli furti ai danni di coetanei durante l’orario scolastico. Pochi spiccioli prelevati nei portafogli lasciati incustoditi. Per tutti questi motivi sul gruppo di giovani sono piovute le denunce, a vario titolo, per estorsione, tentata e consumata, tentata rapina e furto aggravato.

La “confessione”. A permettere di squarciare il velo sull’inquietante vicenda la confessione di una 14enne, indotta con forza dai genitori a parlare con la Polizia quando questi l’hanno trovata con l’ultimo modello di Iphone5S - del valore di alcune centinaia di euro, regalato, così come all’amica, dall’adulto che aveva appena incontrato nella camera d’albergo - senza che la figlia potesse dare spiegazioni plausibili. Ragazzina che, dopo lo sfogo con gli agenti della Mobile guidati dal dirigente Claudio Cagnini, si è sfilata dalla vicenda nell’ambito della quale non aveva ancora concretizzato alcun tipo di reato.

A quel punto ha preso il via il lavoro d’indagine, proseguito fino alla scorsa settimana quando sono stati fatti gli ultimi interrogatori.

I ricatti. E dalle parole degli inquirenti emerge in tutta la sua crudezza il modus operandi del gruppo. L’esca è rappresentata dall’invio di foto esplicite scaricate da internet e spacciate per proprie, ricevendone, però, in cambio di autentiche da parte degli interlocutori interessati. Armi, a quel punto, determinanti per far scattare il tentativo di estorsione. Richieste di ricariche telefoniche da 10, 20, 30 euro che, però, si estendevano agli altri componenti la banda, anche ragazzi come ricordato, che però agiscano con “nickname” (soprannomi) femminili. Davanti alle perplessità dei ricattati nessun passo indietro: «non mi interessa dove - ricorda la capobanda in una intercettazione telefonica - ma trova i soldi».

Il pentimento. L’indagine, chiusa dopo gli interrogatori e le confessioni di una parte dei coinvolti, è stata seguita dal magistrato Alessandra Serra, della Procura dei minori del Tribunale di Bologna. Mentre la parte relativa agli adulti coinvolti è stata affidata a Simone Purgato della Procura distrettuale sempre di Bologna. Davanti all’enorme gravità di quanto commesso, l’adolescente alla guida del gruppo si è dichiarata pentita e pronta a cambiare vita e “cattive compagnie”.

 

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