Macfrut alla conquista dell’Africa. "Missioni all'estero per farci conoscere"

Cesena

CESENA. Messico, Perù, Ghana, Vietnam, Zambia, Mozambico, Angola: sono solo alcune delle ultime nazioni che Renzo Piraccini, presidente di Cesena Fiera ha visitato per far conoscere l’edizione 2019 di Macfrut. «Se non vai di persona, se non ti fai conoscere, se non racconti direttamente cosa è una fiera come la nostra, difficilmente puoi ottenere grandi risultati» dice Piraccini che negli ultimi mesi ha trascorso più ore in aereo che non in automobile. In genere queste missioni sono composte da una delegazione di imprenditori, espositori al Macfrut, che approfittano dell’occasione per instaurare rapporti commerciali o, più semplicemente, vedere di cosa l’ortofrutta estera ha bisogno per modulare l’offerta. E il punto di incontro per stringere affari sarà la fiera. L’edizione di Macfrut 2019 si svolgerà dall’8 al 10 maggio alla Fiera di Rimini.

Missioni all’estero

L’ultima missione si è conclusa la scorsa settimana in Angola. A Luanda, capitale dell’Angola, la presentazione di Macfrut 2019 si è tenuta davanti a oltre 200 operatori del settore ortofrutticolo, insieme all’ambasciatore italiano Claudio Miscia, al direttore dell’Ice Milena Del Grosso e al segretario di Stato per l’economia Sergio de Sousa Mendes dos Santos. L’evento, cui hanno partecipato anche sei imprese italiane della filiera che si sono presentate al mercato angolano - Apofruit, Canova, Novafruit, RK Growers, Sativa, Vivai Battistini - ha costituito l’occasione per esaminare le opportunità di collaborazione tra i due Paesi nel settore ortofrutticolo.

Macfrut rappresenta una fiera completa di filiera ed è diverso da altri eventi fieristici. La Romagna è la regione più importante al mondo per le tecnologie del packaging, ad esempio, così come è un polo di livello mondiale per quanto riguarda il sementiero. A Macfrut si vede e si tocca con mano l’innovazione, quella che Paesi emergenti come quelli africani stanno cercando. E non si pensi a un’Africa arretrata. Lo testimonia lo stesso Piraccini che, quando presenta il Macfrut in giro per il mondo, immancabilmente va a visitare anche delle aziende agricole, i mercati, i supermercati della Gdo.

Aziende all’avanguardia

In Angola, ad esempio, la delegazione italiana ha visitato Novagrolider, l’azienda di produzione più grande del Paese appartenente alla famiglia Macedo. Coltiva 7.200 ettari, di cui 5mila a ortofrutta, in tre aziende agricole, e possiede un livello di organizzazione e di efficienza che non hanno nulla da invidiare ai grandi produttori europei. «In un anno - spiega il presidente - produce oltre 200.000 tonnellate di frutta e verdura fresca e impiega 3mila dipendenti angolani e 400 internazionali, che provengono da Portogallo, Brasile e Guatemala; si tratta per lo più di tecnici e impiegati. Le coltivazioni più diffuse sono banane, uva da tavola, mango, pitaya, agrumi e una vasta gamma di ortaggi. Gran parte della produzione viene venduta alle catene angolane di supermercati, confezionata in un centro nei pressi di Luanda».

L’azienda esporta cinque refeer container la settimana di banane, principalmente in Portogallo e Sudafrica. Via aerea esportano papaya, pitaya e mango in Portogallo, dove il gruppo controlla un’azienda nel mercato di Lisbona, usato come piattaforma per l’Europa. Novagroleder è già stata a Macfrut nel 2017 e, alla prossima edizione, sarà presente nello stand dell’Angola. In Angola viene coltivato solo il 4% del terreno disponibile e gran parte dei prodotti ortofrutticoli viene importato. Indipendente dal Portogallo dal 1975, l’Angola ha vissuto, fino al 2002, una guerra civile che ha distrutto gran parte dell’economia locale. «Presso aziende come queste - aggiunge Piraccini - i nostri imprenditori possono conoscere i responsabili e ottenere contatti per proporre tecnologie, piante, macchinari. Ma non solo: grazie alla logistica, si potrebbero esportare frutta a lunga conservazione come mele e kiwi anche nelle grandi capitali africane. Qui vi sono fasce di popolazione che si possono permettere prezzi superiori alla media e vedono nel prodotto italiano uno status symbol».

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