Nel bilancio le ragioni della crisi: la Cmc di Ravenna attende 1,2 miliardi da Anas

RAVENNA. Tanti debiti e un contenzioso abnorme che pesa come un macigno. Sono i due volti dietro la crisi che nelle ultime settimane sta sconvolgendo la Cmc di Ravenna, tanto da portarla a ingaggiare un pool di avvocati e commercialisti per dare il via a una richiesta di concordato con riserva. Tra le pieghe dell’ultimo bilancio della Cooperativa muratori e cementisti, si celano forse le prime motivazioni del perché si sia dovuti arrivare a tanto. E il primo motivo ha un nome e un cognome: Anas.

Con l’Ente nazionale per le strade la storica coop romagnola ha infatti una serie di contenziosi aperti per la stratosferica cifra di 1,2 miliardi di euro. Il più imponente riguarda in particolare i lavori per il primo lotto della strada Agrigento Caltanissetta - solo questo vale la bellezza di 600 milioni di euro, quasi la metà dell’intero ammontare dei contenziosi - per il quale entro l’anno dovrebbe arrivare la valutazione finale dell’esperto tecnico nominato dal Tribunale di Roma, con la speranza di incassare quanto richiesto all’inizio del 2019.

Il debito

Il secondo macigno che pesa sulle spalle della Cmc è l’imponente mole di debiti accumulata nel tempo. 1,8 miliardi di euro contabilizzati nel 2017, aumentati di 200 milioni rispetto all’anno precedente quando ne vennero registrati 1,6 di miliardi. Sul bilancio, in questo caso, pesano in particolare 550 milioni di euro di obbligazioni. I famosi due bond sottoscritti dalla cooperativa e quotati in Lussemburgo con la coordinazione di Bnp Paribas e UniCredit Bank, il cui valore nelle ultime settimane è crollato vertiginosamente, dando origine alle prime scosse di panico anche al di fuori delle stanze di via Trieste. Tanto da costringere la cooperativa a comunicare a metà novembre che non avrebbe pagato puntualmente le cedole in scadenza.

Alle obbligazioni si aggiungono poi 252 milioni di euro di debiti verso le banche e soprattutto 473 milioni di euro verso i fornitori. Quest’ultimo in particolare è un dato che sembra essersi incancrenito nel tempo ed è la più diretta conseguenza della mancanza di liquidità in casa Cmc. Nel 2016 i debiti versi i fornitori erano infatti già pari a 476 milioni di euro. Facendo una rapida stima dei crediti, l’esposizione finanziaria netta della cooperativa ravennate oggi è in negativo di circa 800 milioni di euro. E tanto basta per capire quanto potrebbe pesare riuscire ad aver incassato quel miliardo e due da Anas, oltre ai circa 180 milioni di committenti esteri che non hanno ancora ottemperato.

Il lavoro

Ciò che ancora sembra funzionare davvero in casa Cmc è il numero e il valore delle commesse che questa è in grado di intercettare. Sintomo, nonostante tutto, che forse il lavoro della cooperativa continua ad essere apprezzato. Se nel 2016 il portafoglio ordini della coop era intorno ai 3,7 miliardi di euro, l’anno scorso è cresciuto a 4,6 miliardi. Di questi quasi il 75 per cento riguarda commesse all’estero, l’unico mercato che ancora continua a dare soddisfazioni alle aziende che operano nel mondo delle costruzioni. E questo a causa soprattutto della pesante burocrazia presente in Italia. È la stessa coop romagnola nel suo bilancio a scrivere che nella nostra nazione «le opere si bloccano perché nessuno le sa progettare».

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