Una regione a due velocità: "In Romagna meno tecnologia"

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Ernst & Young, Università La Sapienza e Forum pubblica amministrazione. Tre analisi, altrettante classifiche e un verdetto sostanzialmente unanime: le città della Romagna inseguono quelle emiliane. È una regione che va a due velocità quella descritta dalle ricerche degli analisti che hanno preso in esame oltre cento città italiane utilizzando svariati indici attraverso i quali si è indagato in particolare sulla capacità di innovazione tecnologica (Ernst & Young), sulla propensione alla vicinanza ai bisogni dei cittadini (Forum Pa) e sulla qualità della vita (La Sapienza).

I posizionamenti

Il risultato è evidente: i capoluoghi romagnoli non vedono mai le prime dieci posizioni delle classifiche, piazzandosi tra il dodicesimo e il trentesimo posto e precipitando in una occasione (la qualità della vita esaminata da La Sapienza) al sessantesimo posto con Ravenna, preceduta di un soffio da Rimini (57).

Risalendo la via Emilia invece la situazione è ben diversa: Parma per ben tre volte sta nella top ten, Bologna due, Modena e Reggio Emilia almeno una, senza avvicinare mai posizioni “pericolose”, oltre il quarantesimo posto, con l’eccezione di Bologna. Piacenza e Ferrara non evidenziano particolari primati positivi.

L’analisi

A mettere in fila le tre classifiche comparandone i dati è la Cisl Romagna. «Lavori estremamente utili e interessanti per chi come noi si occupa di economia e sociale - ragiona il segretario Filippo Pieri -. Sì, è una regione che va a due velocità, per la presenza o meno di alcuni fattori discriminanti come gli investimenti privati e pubblici sull’innovazione tecnologica, le imprese con una dimensione media e la presenza di infrastrutture in rete tra loro. Come Cisl Romagna abbiamo cercato un filo conduttore comune e pensiamo di averlo individuato nella cosiddetta qualità del lavoro».

La struttura

Secondo Cisl Romagna è la stessa struttura dell’economia radicata dalla linea del Santerno fino al confine con le Marche. «È basata principalmente su agroalimentare, turismo e industria manifatturiera e non su quella tecnologica che attualmente dà un valore aggiunto - ragiona Pieri -. Quando le cose nel Paese non vanno bene, in Romagna va meno peggio perché con quei tre pilastri riusciamo a difenderci. Quando invece il sistema nazionale funziona qui le cose vanno meno bene rispetto all’Emilia che ha un valore tecnologico aggiunto che noi non abbiamo. Questo si ripercuote anche sulla qualità dei lavoro e sui redditi. Abbiamo ad esempio esaminato i dati di 50mila utenti che vengono da noi per la dichiarazione redditi. Al netto che sono spesso pensionati, la cosa che preoccupa è la tendenza. Paragonandoli a quelli dell’anno scorso, i pensionati sono stabili mentre sui lavoratori dipendenti abbiamo registrato un riduzione, con una maggiore diminuzione specie per under 35 e donne. È vero che in termini assoluti le cose stanno andando meglio ma la qualità del lavoro (in particolare per via del precariato) porta a disponibilità economica inferiore e questo influisce sull’economia locale».

Il buco infrastrutturale

«Non è possibile impiegare meno tempo per andare da Londra a Bologna che da Bologna a Cesenatico». È sul gap infrastrutturale che poggia una parte importante dell’analisi di Cisl Romagna sul divario regionale. «L’area romagnola è bloccata. Basta guardare le opere sulle quali si discute a livello regionale: il passante di Bologna, la Cispadana e il collegamento tra Campogalliano e Sassuolo - continua Pieri -. Tutto Emilia, niente Romagna. Certo il porto di Ravenna ha ottenuto un importante finanziamento ma dietro a questo gli va costruito un sistema intermodale. Uno dei problemi principali è il collegamento viario sulla costa, da Ravenna a Rimini oltre al collegamento veloce Forlì-Cesena».

Peso specifico e tecnologia

«Un altro deficit da scontare è il dimensionamento delle aziende. In Romagna sono più piccole e quindi con fatturati più bassi. E - continua Pieri - in questa parte di regione sono molto ridotti gli investimenti sia privati che pubblici sul fronte della tecnologia. La scelta lungimirante, per fortuna, è stata fatta 30 anni fa portando l’università nelle città della Romagna con la filosofia non di scaricare un peso ma di sfruttare le opportunità del territorio che deve essere coeso. L’ultimo gap da superare è infatti la frammentazione in campanili: insieme si può fare meglio...».

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