Bankitalia: l’economia in Emilia Romagna cresce ma a ritmo lento Nel 2019 il Pil calerà

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L’economia dell’Emilia-Romagna resta sospesa nel limbo di una crescita che continua, ma a ritmi più lenti rispetto al 2017, in bilico tra la frenata dei mercati globali e le incertezze legate agli effetti dei provvedimenti del governo e all’andamento dello spread. Una posizione “attendista” rispetto ad un futuro non pienamente prevedibile che emerge da un dato in particolare tra quelli presentati ieri alla stampa dagli analisti della Banca d’Italia, le previsioni d’investimento per il prossimo anno: prevale la quota di aziende che li stima in calo o al massimo stabili, mentre nel 2018 la quota di chi prevedeva un incremento della spesa per investimenti era quasi doppia a quella delle imprese che dichiaravano riduzioni. Il minor apporto degli investimenti alla domanda interna, assieme alla flessione dell’export, fanno attendere dunque per il 2019 ancora un calo della crescita del prodotto interno lordo regionale, dall’1,4% calcolato da Prometeia per il 2018 all’1,2% previsto per il 2019.

I dati del 2018

Detto questo, guardando al primo semestre di quest’anno, «i segnali positivi emersi nel 2017 sono stati confermati», assicura l’economista senior della sede di Bologna di Bankitalia, Marcello Pagnini. La produzione industriale è cresciuta, sebbene con minor vigore rispetto all’anno precedente (+2,6% contro il +3%). Le esportazioni sono aumentate del 5,9%, un incremento più contenuto di quello del 2017 (6,7%), ma più intenso di quello nazionale (3,7%). Buone notizie sul fronte delle costruzioni: il valore della produzione è tornato ad aumentare nel 2018. Si è rafforzato il recupero delle compravendite di abitazioni ma i prezzi degli immobili rimangono stabili per l’alta quota di invenduto.

Nel primo semestre il credito bancario al settore privato non finanziario ha continuato a espandersi in misura moderata (+1,1%), soprattutto grazie all’andamento dei prestiti alle famiglie (+2,8%) legato all’acquisto della casa. I finanziamenti ai comparti produttivi, invece, sono rimasti stabili (+0,2%), in connessione con l’accresciuta redditività e l’elevata liquidità accumulata dalle imprese. Le condizioni di offerta di prestiti hanno continuato, peraltro, a mantenersi distese specialmente per il settore manifatturiero e per i servizi.

Il credito

D’altro canto, prosegue contestualmente il graduale miglioramento della qualità del credito: il tasso di deterioramento, che include sofferenze e crediti incagliati, sta tornando ai livelli pre-crisi (è già così per i prestiti alle famiglie): a giugno l’indicatore si è attestato al 2,4%, due decimi di punto in meno rispetto a fine 2017. Anche per i finanziamenti alle imprese di costruzioni le sofferenze sono diminuite significativamente. È proseguito, inoltre, l’incremento dei depositi bancari delle famiglie (+4,3%) e delle imprese (+12,8%), a fronte di una riduzione delle somme investite dagli italiani in titoli (-3,2% le famiglie). Una flessione che si fa particolarmente accentuata se si considerano le sole obbligazioni bancarie (-34,4%), ma riguarda anche i titoli di stato e le obbligazioni non bancarie. Nell’incertezza, è l’interpretazione della banca centrale, gli italiani assumono un atteggiamento di grande prudenza e prediligono tenere “svincolati” i risparmi. Insomma, la crisi è finita ma resta l’incertezza, soprattutto in una regione fortemente esportatrice e legata, per questo, agli andamenti dei mercati globali. Senza contare, ricorda Pagnini, che «l’Emilia-Romagna, pur crescendo, non ha ancora raggiunto i livelli pre-crisi».

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