Apofruit: «Lavoriamo in tutto il mondo grazie al rapporto di fiducia con i nostri soci»

Cesena

CESENA. Una realtà di caratura nazionale, con 27 stabilimenti, una produzione pari a 290mila tonnellate e un volume di affari che nel 2017 ha superato i 300 milioni di euro: questo è Apofruit, il colosso cooperativo cesenate associato a Legacoop Romagna che negli anni è diventato uno dei maggiori attori nazionali nel settore ortofrutta. Cos’è Apofruit oggi lo abbiamo chiesto al presidente Mirco Zanotti: eletto nel 2011, in cooperativa ha iniziato da laureato in Agraria, come tecnico stagionale, e ha successivamente ricoperto prima la carica di consigliere e poi quella di vicepresidente.

Da cooperativa locale siete diventati una delle principali realtà dell’ortofrutta italiana. Come ci siete riusciti?

«Non credo ci sia un unico motivo. Ma ne posso indicare uno importante: siamo riusciti a ottenere e mantenere la fiducia dei soci, grazie a un contatto diretto con loro ed offrendogli programmazione, valorizzazione delle produzioni e tempi di pagamento rapidi. Sembra banale ma non è scontato».

Tra poco festeggerete i 60 anni di vita. Qual è la vostra storia?

«Siamo nati il 17 febbraio del 1960, con la costituzione della cooperativa Cof di Cesena. Poi siamo passati attraverso fusioni e incorporazioni fino all’attuale Apofruit, che è una cooperativa di primo grado. Siamo cresciuti, e continuiamo a crescere, anche perché siamo riusciti a razionalizzare e a specializzare le nostre strutture produttive, contenendo i costi. E perché abbiamo puntato, soprattutto negli ultimi tempi, su aggregazioni con altre realtà, come quelle con “Terremerse” o “Piraccini Secondo” e la cooperativa Sft di Trento. Questo ci permette di accrescere la nostra specializzazione su diverse filiere (ad esempio oggi deteniamo più del 20% della produzione nazionale di fragole) e di fare innovazione varietale da mettere a disposizione dei soci. E, di conseguenza, di garantire ai consumatori prodotti della migliore qualità».

Quali sono i vostri numeri?

«Abbiamo 27 stabilimenti, dei quali 12 sono centri di ritiro, stoccaggio e lavorazione e 15 centri di ritiro e stoccaggio. I nostri 4.180 soci produttori sono sparsi dal Trentino alla Sicilia: restano “scoperte” solo Sardegna e Val d’Aosta. Per quanto riguarda il bilancio 2017 il valore della produzione è stato di 278 milioni, con un patrimonio netto di 101 milioni e un utile di 923mila euro. A livello di gruppo il valore della produzione è di 347 milioni».

Come è suddivisa la vostra attività fra l’Italia e l’estero?

«In media il 40 per cento circa della produzione è destinato all’export. Per alcuni prodotti come kiwi e mele la percentuale è anche maggiore, perché è frutta con la quale possiamo raggiungere mercati più lontani. I nostri principali mercati sono quelli europei, mentre oltremare esportiamo in Egitto, Emirati e Giordania. Mercato interessante è la Cina, dove da qualche anno possiamo esportare il kiwi e attualmente è aperto un dossier per poter esportare pere, a cui seguirà quello per le mele. I prodotti più deperibili, come ciliegie e susine, li facciamo viaggiare anche via aereo da Venezia».

I vari stabilimenti sono specializzati?

«Sì, per mantenere un’alta efficienza, legata anche alle peculiarità dei territori. La presenza diffusa di soci nelle regioni italiane ci permette di sfruttare in alcuni casi la complementarietà, come ad esempio la produzione di ortaggi in Sicilia, che è in controstagione rispetto a quella romagnola, mentre per altre produzioni ci permette di avere un’alta specializzazione e quantitativi adeguati per affrontare l’export. La regione dove la produzione è più diversificata è l’Emilia-Romagna: con ortaggi, fragole, pesche, nettarine, albicocche, susine, mele, pere kiwi. E le ciliegie, soprattutto a Vignola».

E nel centro-sud?

«Nel Lazio produciamo kiwi e susine, mentre in Puglia, in provincia di Foggia i nostri 200 soci coltivano pesche, nettarine e albicocche, asparagi, uva da tavola e ciliegie. La Basilicata è specializzata nelle fragole, nelle drupacee e agrumi, così come anche la Calabria. In Sicilia produciamo ortaggi, pesche e agrumi».

Quali novità in vista?

«Vogliamo continuare nel portare avanti progetti aggregativi e di innovazione, mantenendo l’azienda efficiente e a stretto contatto con i soci. Stiamo lavorando su una nuova varietà di mele, la Regal’you, che potrà essere coltivata solo dai nostri soci, mentre al Sud stiamo sperimentando nuove varietà di uva senza semi. L’ultimo progetto messo a disposizione dei soci è quello dei piccoli frutti. Questa spinta a innovare ci ha permesso di conquistare i consumatori e creare valore per i soci».

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