«Italia vigliacca, Pasolini coraggioso»

Rimini

RICCIONE. Il Teatro del Mare di Riccione sarà testimone questa sera di un incontro senza precedenti: quello tra due grandi intellettuali come Moni Ovadia e Pier Paolo Pasolini. Due menti che non hanno mai smesso di analizzare la società nei suoi risvolti meno evidenti, a volte terribili e contraddittori. Il grande regista e attore, che da sempre con il suo teatro musicale e nel suo vagabondaggio culturale e reale si fa voce del popolo ebraico, ha scelto di confrontarsi con gli “Scritti corsari”, pubblicati subito dopo la morte di Pasolini nel 1975, ma usciti nei due anni precedenti sui principali quotidiani italiani. Si tratta di una raccolta di interventi con al centro la società italiana, i suoi mali e le sue angosce: dalla rivoluzione antropologica all’omologazione culturale, passando attraverso alcuni snodi cardine di quegli anni tormentati, come l’etica politica e la religione, il dilagare dello stragismo, il referendum sul divorzio e l’aborto.

Ovadia, che taglio ha dato allo spettacolo?

«È in forma di reading intervallato da musiche e da qualche mio commento. Le parole di Pasolini sono talmente prepotentemente forti che non bisogna commentarle, ma solo leggerle. Con Pasolini abbiamo perso una delle voci più sconvolgenti del secondo dopoguerra: era sconvolgente soprattutto il suo coraggio in un paese pieno di pavidità e vigliaccheria come l’Italia. La sua voce è sconcertante, quasi destabilizzante, per la lucidità e la profeticità. Si poteva anche non essere d’accordo su qualcosa, ma l’ammirazione nei suoi confronti ti colpiva per la sua attenzione al sociale. Così come eravamo in grado di ascoltarlo parlare in tv per due o tre ore intervistato, ad esempio, da Enzo Siciliano, ora abbiamo bisogno di ricordarci cosa sapevamo fare, perché in questa attuale devastazione ce ne siamo dimenticati».

La musica ha sempre un ruolo fondamentale nel suo lavoro.

«È la mia cifra stilistica. Qui ho scelto di intervallare il testo con dei tanghi. Il tango, nato per le strade quando erano solo gli uomini a ballarlo tra loro, ha il potere di trasformare chi lo danza. Mi è capitato di assistere a un’esibizione con trecento coppie e mentre si trovavano testa a testa, avvolti dalla sensualità, le donne sembravano tutte prostitute, mentre gli uomini dei malavitosi. Poi quando si sono sciolti ho scoperto che erano ragionieri o dottori! A suonare sul palco con me ci saranno due musicisti meravigliosi: Maurizio Dehò al violino (con cui collaboro dal 1974) e il fisarmonicista Nadio Marenco. Sarà senz’altro una serata intrigante e istruttiva».

In questi giorni, con l’avvicinarsi della Giornata della Memoria, è impegnato a dare il suo contributo.

«Venerdì sono stato a Bolzano per un’iniziativa dedicata anche ai rom e ai sinti (quelli che comunemente vengono chiamati zingari). Non mi piace la strumentalizzazione che viene fatta del dolore quando da una parte si celebra la Giornata della Memoria e dall’altra si perseguitano i rom e i sinti o si respingono i clandestini, quindi denuncio queste cose e insegno ai giovani quanto sia importante la storia. Il professor Gadi Luzzatto Voghera in questa occasione ha proposto di ricordare anche lo sterminio dei rom e io ho aggiunto che si potrebbe cambiare il nome in Giornata delle Memorie includendo tutte le stragi: dagli Armeni ai Tutsi, passando per l’ex Jugoslavia, i campi della morte in Cambogia, i gulag, ecc. Devono essere momenti in cui si fa un bilancio sul tasso di democrazia raggiunto e sulla lotta contro tutte le discriminazioni, non occasioni museificate per lavarsi la coscienza».

Il suo impegno abbraccia anche la politica?

«Sì, ma ho deciso di lasciare i partiti per lavorare solo sui progetti che ritengo validi, rimanendo sempre coerente e agendo senza secondi fini».

Buio in sala alle 21.15 (alle 18.30 invece Ovadia incontrerà il pubblico all’Arboreto Cicchetti).

Info: 0541 690904

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