Il cotechino e lo zampone Modenesi ma universali

Rimini

Dobbiamo ringraziare gli abitanti di Mirandola se sulle nostre tavole ogni anno, durante le festività natalizie, compaiono cotechino e zampone. Più di 500 anni fa, infatti, durante l’assedio della cittadina modenese, i residenti messi alle strette dalle truppe pontificie di Giulio II della Rovere e spinti dalla fame decisero di macellare tutti i maiali presenti. Dopo la macellazione sorse il problema della conservazione della carne che tendeva a marcire in breve tempo. Gli assediati ebbero così l’idea di insaccarla nella cotenna dell’animale, utilizzando anche la pelle delle zampe anteriori.

I due prodotti, che hanno ricevuto entrambi il marchio Igp nel 1999, sono quindi nati contemporaneamente e non presentano differenze nella composizione ma solo nell’aspetto dell’involucro. Aromatizzati con sale, pepe, noce moscata, cannella, chiodi di garofano e vino, sono realizzati seguendo l’antica ricetta che prevede l’impiego di carne magra, grasso e cotenne, ciascuno nella porzione di un terzo. Consumati durante il cenone di San Silvestro, cotechino e zampone sono parte integrante dei banchetti natalizi per l’usanza contadina di cominciare nel giorno di Santa Lucia a macellare i suini.

È stata la caratteristica forma dello zampone a determinarne la fortuna. Era così apprezzato che nel XVIII secolo si sostituì come emblema culinario della città alla salsiccia gialla modenese (conosciuta sin dal Rinascimento e caratterizzata dal particolare colore dato dall’aggiunta di zafferano all’impasto) ed era servito sulle mense di uomini di cultura come il letterato Emile Zola che consigliava di mangiare lo zampone per dare gioia all’animo triste. Anche il compositore Gioacchino Rossini era un suo estimatore. Si è conservata nel tempo una sua lettera, indirizzata a un produttore modenese, in cui il maestro commissiona quattro zamponi e quattro cotechini “di delicata qualità”. Alla carne del maiale, che già di per sé simboleggiava abbondanza, furono affiancate le lenticchie, che fin dal tempo dei Romani conservano il loro accostamento con le monete. Sembra, infatti, che in epoca romana quando si regalava una scarsella – una piccola borsa in cuoio legata alla cintura – s’inserisse al suo interno una manciata di lenticchie con l’augurio che divenissero denari.

Sono invece una soffice purea di patate, di funghi o di fagioli borlotti a fare da contorno al bél ’e cot, insaccato prodotto a Russi che assomiglia nella forma al cotechino. Ottenuto da golena, testa disossata senza orecchie e cotenna lessata, il macinato del bél ’e cot, conciato con aromi e spezie simili a quelle del “parente” modenese, è inserito in budella di pecora o vitellone.

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