La Romagna ricorda Alberto Manzi

BOLOGNA. Alberto Manzi: “il” maestro, l’uomo che insegnò a leggere e a scrivere a oltre un milione, si stima, di bambini, adulti e anche anziani in un’Italia di cinquanta anni fa, così diversa da quella attuale.

Ma Manzi non fu solo fu il paziente e bravissimo protagonista dell’indimenticabile “Non è mai troppo tardi” (1959-1968). Per anni, prestò la sua opera fra i campesinos e gli indios del Sudamerica dove si recò ripetutamente dal 1954, dopo aver ricevuto un incarico di ricerca da parte dell’Università di Ginevra, realizzò campagne di alfabetizzazione per gli italiani all’estero, fu autore di moltissimi libri didattici, ma firmò anche il famoso “Orzowei” da cui fu tratta una serie televisiva per ragazzi, e per due anni, dal 1995 al 1997, l’anno della sua scomparsa, fu anche sindaco di Pitigliano per i Democratici di sinistra.

Oggi, il Centro Alberto Manzi, l’Assemblea legislativa della Regione e i consiglieri romagnoli con, in testa, Thomas Casadei, insieme a otto Comuni della Romagna e alle Province di Rimini e di Forlì-Cesena con i loro assessori Mario Galassi e Bruna Baravelli, promuovono una serie di iniziative dal titolo “Insieme: lo sguardo multiculturale di Alberto Manzi" per ricordare chi, dopo essere stato testimone degli ultimi anni in cui «gli albanesi eravamo noi», realizzava sussidiari che avevano, raffigurati in copertina, bambini stranieri, e si occupava di “multiculturalità” con il programma “Io… tu… noi… impariamo insieme”. Del resto, una delle sue frasi più toccanti è quella che dice «Siamo angeli con un’ala sola. Possiamo volare soltanto restando abbracciati»: un inno alla solidarietà praticata, e non predicata, da parte di una persona sempre in prima linea nella difesa dei diritti di tutti, in primo luogo il diritto all’istruzione.

Il primo appuntamento in provincia di Rimini, a Riccione, è in programma sabato 19 gennaio alle 11 con l’inaugurazione della mostra antologica alla Biblioteca comunale (via Lazio, 10). Sarà presente la moglie di Manzi, Sonia. Ci si sposta a Forlì invece il 25 gennaio (ore 17) con l’inaugurazione dell’esposizione dedicata all’esperienza sudamericana di Manzi alla Biblioteca comunale “Aurelio Saffi” (corso della Repubblica, 72): per l’occasione Ivano Marescotti leggerà alcuni brani da “El loco”, del 1979.

«La serie delle iniziative – spiega Alessandra Falconi, responsabile del Centro Alberto Manzi – si collega al fatto che a fine febbraio uscirà una fiction Rai ispirata alla figura del maestro: il progetto, che durerà alcuni mesi, darà così anche a chi non ha ricordi personali la possibilità di approfondire la conoscenza di questo personaggio: che spese trent’anni della sua vita per alfabetizzare gli indios della Foresta amazzonica, convinto com’era che solo questo potesse salvarli dalla schiavitù in cui vivevano, ma che per la sua attività fu anche incarcerato e torturato».

Questa parte della sua vita sarà il tema della mostra forlivese?

«Sì, ed è una parte sconosciuta ai più, illustrata da appunti, block notes, fogli e foglietti in cui segnava aneddoti, ma anche parole spagnole che imparava per comunicare meglio. Ecco, anche questo dimostra chi era Alberto Manzi: un uomo che studiava e prima di agire faceva “i compiti a casa” rigorosamente, con grande umiltà, ma con la consapevolezza anche di poter fare cose che servivano agli altri. Conosceva bene la fatica della terra ma anche la volontà di imparare e migliorare: per questo, si dedicava con passione e rispetto a “Non è mai troppo tardi”, la trasmissione che permise a moltissimi di sostenere l’esame di licenza elementare».

Quello che colpisce accostandosi alla sua biografia in effetti è la grande coerenza di un pensiero teorico che però non mancava mai di concretizzarsi in azione.

«E anche l’umiltà: una giornalista una volta gli consigliò di leggere il bellissimo romanzo “Orzowei”, scritto… da un suo omonimo, e lui la ringraziò del suggerimento, senza toglierla dal suo errore. Quando poi diventò sindaco di Pitigliano, prese a modello la figura dell’“alcalde”, il “facilitatore” dei bisogni e delle richieste della comunità perché, diceva, nessun percorso di comunità può prescindere dall’ascoltare: tutti».

E ora il Centro a lui dedicato lo ricorda con iniziative in otto comuni romagnoli: da Forlì a Rimini da Galeata a Morciano, Forlimpopoli e Bertinoro.

«Siamo convinti che in un momento di crisi dei punti di riferimento come l’attuale, una storia così italiana, così vera e coerente possa infondere energia e passione, indicare una strada, un ideale buono così come fanno le biografie di tanti uomini e donne illustri, che però non appartengono alla nostra cultura. Manzi ha vissuto sempre cercando di capire come il mondo andava compreso e trasformato, lavorando a volte anche senza portarsi a casa grosse soddisfazioni, anzi… Ma ce le danno oggi i tantissimi giovani che vengono a fare ricerche per le loro tesi. Quando ci portano i loro lavori finiti, spesso piangono, perché comprendono che il loro non è stato un “semplice” studio, ma un’esperienza: che li ha trasformati».

Info: 051 5275639; 320 9242927 www.centroalbertomanzi.it

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