Le tante lingue del teatro

Rimini

 

RIMINI. Percorsi che si incrociano, gusti che si mescolano, linee quasi sempre parallele che qualche volta si tangono. Mettere in piedi un cartellone teatrale è anche un complicato gioco a incastro. Ci sarà il nome di richiamo per la grande prosa che piace tanto alla signora Maria? C’è (Umberto Orsini, 3-5 febbraio). Ci sarà il musical di grido che con quello non si sbaglia mai? C’è (Frankenstein Junior di Mel Brooks, 19-21 dicembre). Ci sarà il regista innovativo e socialmente impegnato che travalica i generi e piace agli addetti ai lavori? C’è (Pippo Delbono, 19 novembre). E lo spettacolo di ricerca di cui tanto s’è parlato e che ha suscitato anche un po’ di scandalo? C’è (La merda, 29 novembre). E il teatro-danza contemporaneo? C’è (Cristiana Morganti dal Tanztheater Wuppertal, 5 dicembre). E l’operetta che a Natale fa tanto festa? Ma certo (l’immarcescibile Corrado Abbati il 27 dicembre). Il comico? Eccolo (Giacobazzi, 5-6 novembre).

E poi la viscerale Emma Dante con la sua disperata Operetta burlesca (31 marzo) sui transgender. E pure Beppe Severgnini che porta sul palco un linguaggio ancora diverso, quello del giornalismo, nel suo La vita è un viaggio (12 febbraio). E un altro giornalista, Andrea Scanzi, che dichiara il suo amore per Fabrizio De André (11 gennaio).

Poi la nipote di Chaplin con il circo, l’amato Paolo Rossi che fa Arlecchino, e quelli con cui non si sbaglia mai: Tullio Solenghi, Silvio Orlando, Pamela Villoresi, Elio De Capitani, Alessandro Haber con Alessio Boni, Ottavia Piccolo...

Quella di Rimini, suddivisa tra Teatro degli Atti e Novelli, articolata in tre cartelloni (turni a-b-c; turno d Altri percorsi; e turno d Tracce d nuovo, cui si aggiungerà anche un programma di nuova danza; oltre ai consueti spettacoli fuori abbonamento, al dialetto vecchia maniera e ai neo-dialettali) è una stagione teatrale che asseconda la customer satisfaction, sì, ma che va fiera del suo voler testardamente sfidare il pubblico a confrontarsi con qualcosa di diverso, ad assaggiare piatti esotici e meno abituali, ad abbandonare (pur se momentaneamente) le sicurezze dei Pirandello e degli Skakespeare per provare il brivido di Roberto Bolaño o Elfriede Jelinek, l’autrice austriaca premio Nobel cui l’intera regione dedica un festival itinerante: a Rimini passerà il Teatrino Giullare con un testo mai messo in scena in Italia, Le amanti (16 gennaio), e sarà il caso di andarlo a vedere.

Insomma, dice il gran capo Giampiero Piscaglia, non siamo un teatro di tradizione (quelli sovvenzionati dal ministero per promuovere le attività musicali, in particolare liriche: 28 in tutta Italia, in regione soltanto Ravenna, Parma, Piacenza, Ferrara, Modena e Reggio Emilia) ma poco ci manca. «E se non abbiamo la lirica, per mancanza di torre scenica, abbiamo però la Sagra malatestiana». Poi, quando aprirà le porte il Galli, be’, allora si vedrà.

I costi. Poco più di 550 mila euro, di cui 239 mila li mette il Comune, e 317 mila arrivano dagli incassi. Nota virtuosa: le spese artistiche (358 mila) superano di molto quelle organizzative (158 mila) che comprendono anche il personale extra (tecnici, maschere, custodi...).

La curiosità. Due gli attori riminesi in stagione: Paolo Graziosi è nel cast del Ritorno a casa di Pinter diretto da Peter Stein (14 febbraio), mentre Daniela Giovanetti è la protagonista di Das Kammerspiel, in scena il 29 gennaio per il Giorno della memoria.

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