Processo a Pellegrino Artusi

Rimini

SAN MAURO. Si sa che la buona tavola è virtù in grado di mettere d’accordo. Nella sammaurese Villa Torlonia-la Torre, esemplare fattoria produttiva della Romagna tra otto e novecento, la cucina diventa occasione per un dibattimento seriosamente gustoso.

Avviene nel tradizionale 10 agosto, alle 21, nel già annunciato “Processo Artusi: moderno o superato?”, nuova occasione di storia contemporanea rivisitata in un gioco d’autore sotto le stelle. Per un altro Processo, il 14° della serie da sempre sostenuto da Sammauroindustria e dal comune, che si annuncia di grande richiamo.

Perché il protagonista è un gourmet considerato maestro di riferimento per le nuove generazioni di cuochi, perché in suo nome Casa Artusi a Forlimpopoli ne porta avanti e sviluppa insegnamenti a contatto con il globo terrestre della cucina. Perché Pellegrino Artusi (1820-1911) fu innovatore, codificò per primo il vocabolario enciclopedico della cucina italiana e riunì nel suo nome l’identità degli italiani. Ma il gioco del Processo, con sagace spirito critico, si domanda pure quali sono i limiti dell’Artusi oggi.

Lo fa con un’accusa e una difesa rafforzati quest’anno, per la prima volta, dalla presenza di due cuochi. Domenica prossima alla Torre ad affrontare la disamina convengono in qualità di pubblica accusa Alfredo Antonaros Taracchi, autore e conduttore Rai, scrittore dell’opera “Storia universale del vino”. Al suo fianco lo chef Silverio Cineri del ristorante Silverio di Faenza, illustre firma della cucina Emilia Romagnola formatosi a La Frasca; il Veronelli ha dato alla sua l’appellativo di cucina “cineriana”.

Nel ruolo della difesa si presenta il riminese Piero Meldini, già direttore della biblioteca Gambalunga esperto di alimentazione e cucina, autore di diverse opere a tema. Al suo fianco il giovane chef Alberto Faccani del Magnolia di Cesenatico, sostenitore della cucina artusiana pure alla luce di una tecnologia più moderna.

Interviene Miro Gori: «Ribadisco che Artusi non è solo un inventore, ma è uno degli elementi costitutivi dell’identità degli italiani, come ha scritto Carlo Ossola inserendo la sua “Scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” fra le opere identitarie».

Laila Tentoni, vice presidente di Casa Artusi, esorta a fare attenzione perché «processiamo un facitore della patria!». Fra i sostenitori c’è pure l’antropologo romagnolo Piero Camporesi (1926-1997), primo a scrivere la prefazione al manuale artusiano nel 1970: «Camporesi lo ricorda come un libro che ha costruito l’unità degli italiani, ancora più dei Promessi sposi», aggiunge Tentoni.

La forza di Pellegrino fu di codificare la cucina italiana valorizzando ricette di ogni regione italiana (quelle che lui conosceva). Perfino l’Accademia della Crusca lo considera un facitore della patria, in riferimento alla lingua utilizzata. «Riunisce le ricette riportate nei vari dialetti in una lingua sola, la lingua degli italiani.

E, sul fronte innovazione, fu il primo food blogger. «Il suo celebre libro in realtà è stato scritto dagli italiani che gli inviavano ricette. Pellegrino ha unito la conoscenza del mondo contadino, delle materie prime e da intellettuale le ha fatte sue, arricchendole di aneddoti e rendendole infallibili con prove gastronomiche pedanti.

A decidere il verdetto di un processo che solletica appetito, sarà la giuria popolare, quel pubblico che, aggiunge Miro Gori, diviene anche attore alzando la paletta e dando la preferenza.

La serata è ripresa in diretta da Rete8Vga Telerimini, in onda sul Canale 86.

Ingresso libero.

Info: 0541 933656

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