Caparezza e il concerto-fumetto

Rimini

SOGLIANO. Si riaccende l’estate dei concerti, a Sogliano. Nella prima domenica d’estate, questa sera alle 21, il pubblico è accolto in piazza Matteotti dalla mostra di disegni in musica e parole di Caparezza, alias Michele Salvemini da Molfetta, nell’unica data in regione del suo nuovo “Museica tour”, conseguente all’omonimo disco d’oro.

Dopo l’ironia naif di “Eretico tour”, il Capa trascina la tribù dei suoi fan alla scoperta dell’arte, quella “vera”. Ha studiato, si è documentato sulle storie dei maestri, è andato per mostre. Dalla sua camera creativa gli si è dischiuso un nuovo mondo di disegni, prospettive, spazi, politica, follia. Un’overdose di immagini che ha fatto sue e riversato con paralleli e metafore nei pezzi di Museica, dove ogni titolo è ispirato a un quadro e a un autore.

È dunque vero che con l’arte si può mangiare. Museica è balzato ai vertici delle vendite, ormai lei è una certezza.

«Macché! – si schermisce Caparezza – . Nulla è certo e si può finire presto nel dimenticatoio. Non mi era mai successo di trovarmi in prima posizione, una bella sorpresa. Ma sono soprattutto contento di aver potuto fare dischi».

Un definizione per Museica?

«È il mio museo personale che parte dall’analisi dell’immaginazione e di quanta se ne trova in un museo. Ho cercato di trasferirla nel disco. Il concerto ha una buona dose di spettacolo, scelgo di creare visioni d’insieme sul palco come fossero quadri».

La critica ha apprezzato il suo “Mica Van Gogh” dove mette a confronto la vita del pittore con quella di un ragazzo. Una infatuazione particolare per i quadri dell’olandese?

«Non sono soggetto a sindromi di Stendhal né davanti a capolavori d’arte, né di cinema o di altro genere. Van Gogh mi è piaciuto tanto per la capacità di dipingere un mondo che possedeva i suoi occhi, il suo sguardo. Così quando ho pensato alla canzone ho cercato di spiegarlo in un modo comprensibile ma non “palloso”. E sono ricorso all’artificio, o compromesso: raccontare la vita di Van Gogh ponendola in parallelo con quella di un ragazzo d’oggi».

Dei secoli assorbiti, quali ha preferito?

«La pittura mi ha appassionato dall’ottocento in poi, in particolare dall’impressionismo, meno invece nell’iperrealismo fotografico. Ma tutto ciò che ho visto mi ha incuriosito, compreso l’esperimento creativo del quadrato nero di Malevich o l’ironia delle false teste di Modigliani».

Considera questo sesto disco più speciale?

«Sì, è il mio primo disco da produttore dopo anni di coproduzione, mi sono assunto la piena responsabilità. È anche un album eccessivo, cosa che mi piace molto. Direi dunque che lo considero un primo, nuovo disco».

Il suo fare musica creativo, propositivo, si distacca dal rapper classico tutta protesta. Si sente positivo?

«Ho una buona dose di autoironia quando scrivo; essere contro a prescindere alle volte mi infastidisce; la protesta senza la proposta perde di fascino, per me. Certo che è un discorso che faccio adesso perché ho quarant’anni, quando ne avevo venti ero più sanguigno. Le vicissitudini della vita mi hanno reso più disilluso e quindi tendo anche a mostrare ciò che mi piace. Cosa che forse è più rivoluzionaria».

Che dire del concerto?

«È uno spettacolo molto disegnato, fumettoso, nasce dalla mia musica da camera, quella dell’infanzia. Mi piace trasformare il palco nel mio parco giochi, distaccarmi dal quotidiano, sbilanciarmi verso la fantasia. Aggiungo però anche un momento musicale più intimo, scevro da istrionismi».

Come considera questo suo momento professionale?

«È un bellissimo incidente di percorso».

Info: 0541 785708

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