Nagano, Brahms e la Cherubini

Rimini

 

RAVENNA. La ricca sezione riservata in questa 25ª edizione di Ravenna festival al repertorio sinfonico e ai grandi direttori, dopo il concerto di Yuri Temirkanov insieme alla Filarmonica di San Pietroburgo, vedrà questa sera – sempre al Pala De André – salire sul podio un altro grande maestro dei nostri tempi, Kent Nagano. Si tratta di un ritorno, ché il direttore americano di origini giapponesi, antidivo eppure sempre al centro della cronaca musicale – da anni alla guida dell’Orchestra sinfonica di Montreal come di quella dell’Opera di Stato della Baviera nonché ospite regolare dei più prestigiosi complessi –, ha già più volte diretto sul palcoscenico ravennate. Mai prima d’ora, però, sul podio di quella che è l’orchestra residente del festival, la Cherubini: con la quale, già da qualche giorno in città, sta lavorando all’interpretazione di un programma tutto dedicato a Johannes Brahms, con una delle sue prime opere, il Primo Concerto in re minore per pianoforte e orchestra op. 14, composto ad appena 25 anni, e una pagina invece della piena maturità, la Quarta sinfonia in mi minore op. 98.

Dunque, nella prima parte della serata, a interpretare il Concerto, all’orchestra si unirà Till Fellner, pianista viennese che da un paio di decenni si è imposto nel panorama concertistico internazionale (trampolino di lancio nel ’93 fu l’affermazione al concorso “Clara Haskil” in Svizzera). Allievo di Alfred Brendel, si tratta di un artista dagli articolati interessi: basti dire che ha trascorso il 2012 lontano dalle scene per studiare e approfondire il proprio repertorio nonché per studiare la musica applicata al cinema, scrivendo tra l’altro un saggio sulle musiche nei film di Buñuel. Ma soprattutto un pianista particolarmente attento proprio ai classici viennesi: dunque l’interprete ideale per il Primo Concerto di Brahms, una delle sue opere più travagliate, a cui lavorò tra rifacimenti, tagli, sperimentazioni, ripensamenti dal 1854 al 1858, cercando i consigli di Clara Schumann, di cui già allora subiva il fascino, passando da un abbozzo di Sonata per due pianoforti alla versione con orchestra, segreto anelito alla forma sinfonica («a essere onesti – confessò – nemmeno due pianoforti sono sufficienti»). Versione che però non ottenne il successo sperato: se al debutto del 22 gennaio 1959 al Teatro Reale di Hannover l’accoglienza era stata tiepida, pochi giorni dopo al Gewandhaus di Lipsia, Brahms, che sedeva al pianoforte, fu sonoramente fischiato. Ma che invece venne compresa in tutto il suo valore negli anni Ottanta dell’Ottocento, gli stessi anni in cui Brahms raggiunta la piena maturità di compositore avrebbe dato alle stampe (nel 1886) la sua Quarta e ultima sinfonia, capolavoro indiscusso, che segna il definitivo affrancarsi dall’inevitabile confronto con l’ingombrante modello beethoveniano. Quattro movimenti composti in maniera insolitamente compatta e che, rivolgendosi al passato – come nella straordinaria serie di variazioni sul tema di ciaccona (di impronta bachiana) che costituiscono il Finale –, sembra segnare la fine dell’estetica romantica e aprirsi tragicamente al futuro.

Ore 21. Info: 0544 249244

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