L'incontro con Sepùlveda

Rimini

 

RAVENNA. Non capita tutti i giorni di fare due chiacchiere con uno tra i più grandi scrittori viventi, ma grazie alla prima edizione dello Scrittura festival – che lo ha ospitato ieri sera al Palazzo dei congressi insieme a Pino Cacucci – parlare con Luis Sepúlveda si è rivelata esperienza di grande intensità.

Nato in Cile, Sepúlveda lascia il suo Paese al termine di un’intensa stagione di attività politica (era guardia del corpo di Allende), conclusasi drammaticamente con l’incarcerazione durissima da parte del regime del generale Pinochet. Una volta libero inizia, anche in modo rocambolesco, a viaggiare a lungo in America Latina e nel resto del mondo, aggiungendo ogni anno al suo bagaglio personale esperienze di tutti i tipi.

Una vita essa stessa romanzesca che però gli ha insegnato un’unica grande lezione, «quella dell’amore, enorme, proprio per la vita stessa, in ogni situazione».

E che Sepúlveda abbia passato frangenti durissimi lo si evince da un sentimento che spesso emerge nei personaggi dei suoi libri, la paura.

Ma se la paura ci trova cosa facciamo?

«La paura – risponde l’autore incontrando i giornalisti prima dell’affollatissimo incontro pubblico con cui la città di Ravenna gli ha dimostrato tutto il suo affetto e la sua stima – è un meccanismo di difesa naturale, quando uno la sente vuol dire che è arrivata, dunque nello stesso tempo ci si sta difendendo da essa. L’unico modo di confrontarsi con la paura è con valore».

Ed evidentemente il grande scrittore è conscio di aver vissuto le sue paure e la sua vita con valore, visto che ora il senso della felicità per lui «è quando si è a proprio agio con se stessi. Non è un atteggiamento forzato, assolutamente; mi piace tantissimo alzarmi di mattina, andare in bagno, guardarmi allo specchio, salutarmi e vedere la faccia di un uomo decente. In quel momento mi sento bene».

E se Josè Saramago diceva che «si vive in un luogo e si abita nella memoria», qual è il luogo della memoria di Luis Sepúlveda?

«È un luogo enorme, che abbraccia l’infanzia prima, poi la partecipazione sociale, quindi tutte le esperienze della vita, nel vero senso della parola: politica, sentimentale, culinaria e così via, e questo si trasforma in una sorta di geografia sentimentale. Una vita in questo territorio si può davvero progettare».

Un successo enorme, quello dell’autore classe 1949 di Ovalle, in tutto il mondo e soprattutto in Italia. Ma esiste un segreto dietro questo successo?

«Non conosco il segreto o la ricetta per il successo, so solo che, come scrittore, quando comincio a lavorare voglio raccontare una bella storia e raccontarla bene; tutto il resto non mi interessa».

A questo punto rimane solo una curiosità: Sepúlveda era mai stato a Ravenna prima di oggi?

«Sì, la mia prima volta a Ravenna fu in compagnia di un carissimo amico che abitava vicino a Rimini, Tonino Guerra, che mi portò qui a fare un giro. Se penso a Ravenna il primo ricordo è il camminare per le stradine del centro insieme a Tonino, che per me è stato un maestro, un poeta straordinario e un uomo di una generosità senza limiti. Ho di lui un ricordo di enorme affetto».

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