Giacobazzi, babbo da ridere

Rimini

 

CESENA. Il Carisport di Cesena si riapre al buonumore; è di scena stasera alle 21 uno dei personaggi più amati della risata: Giuseppe Giacobazzi. Andrea Sasdelli (all’anagrafe) presenta il suo ultimo lavoro “Un po’ di me (genesi di un comico)”, one man show scritto a quattro mani con Carlo Negri, con più cuore del solito, più biografico del solito, più maturo del solito.

La raggiunta meta dei cinquant’anni (è nato nel 1963), l’arrivo dopo anni di attesa della piccola Arianna (ha compiuto un anno in marzo), hanno spinto Giacobazzi a raccontarsi umoristicamente con più verità. Pone in ombra le allegorie ridanciane su “ignoranza”, “apecar”, inno alla “patacca”, per diventare un comico capace di raccontarsi in modo anche introspettivo, con una sincerità che conquista. Partendo dagli esordi commerciali nella moda all’agognata paternità, fino a chiudere da vocalist.

Giacobazzi, questo poco o tanto di sé è frutto più dei 50 anni o dell’arrivo di Arianna?

«Non saprei quale delle due concause è prevalsa. Certo è che dopo tanti anni sul palco, desideravo fare conoscere di più l’uomo del personaggio; l’influenza della paternità lo ha favorito».

Le è venuto naturale aprirsi a confidenze anche personali o ha dovuto vincere timidezze?

«Tutto è avvenuto come un passaggio naturale del mio percorso, già un po’ preannunciato dal precedente “Apocalypse”. Era forse un’esigenza, andando avanti si matura. C’era voglia di dare al pubblico di più di me, per contribuire a fare anche crescere i miei fan. La collaborazione con Carlo Negri, autore conosciuto in convention aziendali, mi ha spinto a questa modalità di scrittura. Ci siamo trovati subito simili nel modo di pensare e di porci; fin dalle anteprime di San Giovanni in Persiceto si è capito che il mettere in gioco di “Un po’ di me” sarebbe riuscito».

Nel finale fa scoprire un Giacobazzi cantante; avrà un seguito?

«No, no, a teatro preferisco fare il guitto. E poi mi è venuta bene quella canzone, “Il cielo” di Renato Zero, brano che mi emoziona particolarmente; non è detto che le altre mi riescano. È vero però che ho sempre cantato con amici e chitarra. Nel senso che strimpello la chitarra, non che la suono, c’è differenza».

Oltre al canto ha praticato il set cinematografico.

«Ho partecipato a quattro film. Mi piace molto fare cinema, mi auguro anzi che qualcuno prenda in considerazione questa mia velleità, potrebbe rivelarsi un altro sentiero percorribile. Un film mio? Avevo cominciato a lavorarci, ma abbiamo lasciato perdere, è troppo impegnativo. Aspettiamo una bella idea forte da sottoporre a qualcuno».

Dopo anni nella moda ha scelto il mestiere di comico, perché?

«Perché dopo diciassette anni non gliela facevo più a lavorare tutto il giorno in ufficio e di sera nel cabaret. Mia moglie mi ricordò che ero un uomo sposato. Pensai che, se fosse andata male con la comicità, mi sarei riciclato in una altra azienda. Fare il comico mi sembrava il mestiere più sicuro».

Come romagnolo quali luoghi ha frequentato di più?

«Sono della “bassa”, nato ad Alfonsine, cresciuto a Passogatto di Lugo fino ai 9 anni, poi trasferito a Bologna con la famiglia, pure città di mia moglie. La mia prima vacanza da solo con gli amici fu a Misano. La riviera resta un richiamo irresistibile».

Cosa farebbe per rilanciarla?

«Farei un sacco di raduni di moto; noi romagnoli con la moto ci andiamo a letto!».

Info: 0547 785708

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