Gino Ravaioli e il "suo" Tempio

Rimini

La xilografia a più legni sulla copertina del numero di marzo 1947 de “La Piê”, la rassegna mensile d’illustrazione romagnola diretta da Aldo Spallicci viene così descritta sul retro: la figurazione zodiacale dell’Ariete, tratta da un bassorilievo marmoreo di Agostino di Duccio, nel Tempio Malatestiano di Rimini, dal nostro Gino Ravaioli, con la sua arte squisita e la sua tecnica perfetta. Il “segno” della primavera che ritorna, salvato dalla distruzione del monumento riminese, è di buon augurio per la rinascita, anche del paese, dalle sue molte rovine.

L’Ariete scolpito in marmo bianco, con la relativa costellazione incastonata fra le corna, è ben visibile nella terza formella in alto all’esterno del pilastro prossimale della cappella di San Girolamo, la terza di destra, detta anche “dei pianeti”.

Guida insostituibile per conoscere la vita e le opere di Gino Ravaioli (Rimini 1895-1982) sono i libri di Pier Giorgio Pasini, Storia di Rimini dal 1800 ai nostri giorni. L’arte e il patrimonio artistico archeologico (Bruno Ghigi Editore, Rimini, 1978), Gino Ravaioli, 1825-1982 e Novecento riminese, pittura a Rimini nella prima metà del secolo XX. Questi ultimi, cataloghi delle relative mostre da lui curate nel Museo della Città di Rimini nel 1996 e l’anno successivo, pubblicati da Editori Riminesi Associati, Rimini.

I rapporti di amicizia con Spallicci risalgono alla metà degli anni Venti, quando l’artista riminese stimolato da Adolfo De Carolis comincia a dedicarsi alla xilografia e incide le due matrici che realizzano la copertina di luglio 1924 de “La Piê”. Già in questa immagine delle Vele a pieno vento, racchiusa nella cornice di “zoie”, i decori scolpiti a prua e a poppa delle imbarcazioni romagnole, richiama un particolare dell’opera di Agostino di Duccio nella cappella dei pianeti nel Tempio Malatestiano. Si tratta del bassorilievo della prima formella in basso sulla parete esterna del pilastro distale che raffigura una panciuta “cocca” con le vele gonfie sul mare agitato davanti al porto di Rimini.

La straordinaria veduta quattrocentesca della città in secondo piano, ricca di dettagli relativi al Ponte di Tiberio sul fiume Marecchia, alla Rocca, alle mura malatestiane e ai colli che le fanno da corona, diventerà la grande tavola fuori testo Rimini nel secolo XV, che compare sul numero di Agosto 1947. Dallo stesso capolavoro dello scultore fiorentino, Ravaioli ricava anche la copertina di luglio 1952, una xilografia a 2 legni, titolata “E granzlon”, una grossa granseola come quella che incombe sulla città a simboleggiare la costellazione del Cancro, segno zodiacale di Sigismondo Malatesta, signore della città.

Alla serie di “legni malatestiani” dedicati riservati alla rivista “La Piê”, va aggiunto il putto malatestiano, in realtà il particolare di un angelo musicante della seconda cappella di destra dedicata a San Michele Arcangelo, che fa parte delle dieci incisioni comprese nella cartella di febbraio 1925 della rivista “Xilografia” edita dal faentino Francesco Nonni.

Quella di Ravaioli per il capolavoro albertiano è una sorta di “attrazione fatale” che lo coinvolge come artista e anche “ufficialmente” nelle dispute sulla sua ricostruzione dopo il grave danneggiamento subito dai bombardamenti dell’ultima guerra, in qualità di ispettore onorario ai monumenti di Rimini.

Tecnicamente la sgorbia dell’artista si rivela molto decisa e sicura nell’incidere il legno in profondità per ottenere chiaroscuri molto contrastati e immagini fortemente espressive. Una curiosità è la ripresa delle raffigurazioni sulla matrice sempre orientate come lo sono in realtà, facendole così risultare speculari sulla stampa.

Un vezzo che non ne inficia minimamente la qualità. (s.s.)

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