Quando l'incanto è nella modernità

Rimini

BOLOGNA. Palazzo Fava, una regia sapiente muove la storia della pittura del Seicento, dalla provincia emiliana ancora dominata da un antico favoloso, alle terre del Nord dentro il secolo d’oro dell’arte olandese.

 

Lasciate sospese in uno spazio irreale, anche le Argonautiche dei Carracci sembrano concentrarsi sulla realtà che accade al di sotto.

E al di sotto c’è la vita, c’è l’esperienza straordinaria della Golden Age raccontata dalle trentasette opere provenienti dalla Real Galleria d’Arte Mauritshuis de L’Aia.

L’occasione è unica sia per la presenza dell’indiscussa protagonista dell’evento bolognese, La ragazza con l’orecchino di perla di Johannes Vermeer, sia per il percorso che ancora una volta Marco Goldin ha saputo creare.

La mostra nasce da un tour internazionale, dal Giappone agli Stati Uniti, riservato a parte della collezione olandese e costruito appositamente durante i due anni di chiusura per restauro del Mauritshuis. La tappa emiliana, l’unica europea e l’ultima prima del rientro definitivo, si deve alla volontà di Linea d’ombra.

A firmare l’esposizione Emilie E.S Gordenker, Quentin Buvelot, Ariane van Suchtelen, Lea van der Vinde, insieme a Marco Goldin che progetta un percorso differente per numero di opere e per narrazione rispetto ai precedenti eventi americani e giapponesi, tanto da consegnare un catalogo esclusivamente bolognese.

Lo spazio introduttivo, con le vedute e gli interni ottocenteschi, invita ufficialmente il visitatore nella vita del museo olandese; è un luogo che predispone all’intera mostra, una sorta di preparazione necessaria verso quella che si rivelerà un’esperienza intima, di pittura e di luce, dove si racconta delle marine e dei boschi, degli scorci di vita e delle vedute di città circondate dai campi.

Ci sono i prati di Paulus Potter, il giovane pittore specializzato nella raffigurazione di animali da fattoria e le vedute attorno al Reno dell’attivissimo Jan van Goyen. Di Jacob van Ruisdael si mostrano due tele: un paesaggio innevato che lascia intravedere sullo sfondo delle barche ormeggiate e un panorama delle campagne di Haarlem, rappresentazione visiva delle note attività quotidiane del luogo come lo sbiancamento delle stoffe. È la vita olandese che abita i paesaggi e che si fa protagonista nella sala degli “interni con figura”. Una donna anziana dalle mani consumate è ritratta da Nicolaes Maes, allievo di Rembrandt, mentre lavora al tombolo, chiusa in uno spazio domestico ordinato e silenzioso. E il silenzio avvolge anche la giovane donna intenta a scrivere una lettera dipinta da Gerard ter Borch, la sua figura rischiarata dal bianco dell’incarnato emerge dai toni bruni dell’ambiente.

Ben più movimentate sono le situazioni messe in scena dall’artista Jan Steen, presente in mostra con tre tele: “Ragazza che mangia ostriche”, “Ragazza malata” e “Al vecchio che canta il giovane fa eco”.

Il racconto della Golden Age prosegue soffermandosi sulle storie di Rembrandt e di Vermeer, il primo, evocato già all’inizio della mostra, è presente con i ritratti e un soggetto biblico particolarmente caro all’artista “Canto di lode di Simeone”. Vermeer, a sua volta, anticipa la propria presenza con un soggetto mitologico “Diana e le sue ninfe”, per divenire il protagonista della mostra grazie alla sua famosa ragazza, uno dei dipinti più noti al pubblico.

Dal mistero della sua creazione l’arte recente si è lasciata sedurre, affascinata dall’immagine di una giovane olandese vestita all’orientale e illuminata dal bagliore di una grande perla bianca indossata come orecchino. L’incanto è nella sua modernità. (l.f.)

 

«Ci siamo forse visti quaggiù/ ti ho vista ed è stato silenzio/ e se tutto sembra andare via/ io so che così non sarà/ in un tempo molto lontano/ qualcuno ti riconoscerà».

dall’atto unico per il teatro “La ragazza con l’orecchino di perla” di Marco Goldin

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