Mio figlio è un fenomeno: ridiamoci sopra

Rimini

CESENA. Mio figlio è un fenomeno è la quarta avventura letteraria di Fabio Benaglia, apprezzatissimo giornalista sportivo del Corriere Romagna. Arriva dopo Tessera 1.465 (2004, I libri del Corriere Romagna), Lassù qualcuno ci ama (2005, I libri del Corriere Romagna) e Tutto il Cesena sotto la curva (scritto insieme a Maurizio Viroli nel 2010 per la Società Editrice Ponte Vecchio).

Chiusa, almeno per ora, la trilogia dedicata alle vicende dell’Ac Cesena, questa volta, attraverso la sua prosa delicata e al tempo stesso impetuosa, seria ma sempre ricca di ironia e di colori, Fabio fa un salto in alto. E, partendo da un’idea di giornalismo sportivo d’inchiesta, arriva a scrivere, con grande leggerezza, un piccolo saggio di educazione civico-sportiva.

L’idea. «Da 15 anni per il Corriere Romagna curo la pagina del calcio giovanile (non solo quella, ndr). Un martedì di un paio di anni fa un allenatore degli Allievi di una squadra romagnola mi chiamò chiedendomi se potevo fare una rettifica in quanto avevo assegnato un gol a un giocatore invece che a un altro. Io gli risposi che avrei messo la correzione sull’articolo della settimana successiva e a quel punto l’allenatore mi disse: “Da oggi a lunedì parli tu con i genitori del bambino?”. Quel giorno ho iniziato a pianificare questo libro».

Che non è solo una semplice risposta a quei genitori “sconvolti” perché il gol segnato dal figlio è stato assegnato ad un compagno. È tanto altro. Molto di più. «È un libro – spiega l’editore Marzio Casalini in conferenza stampa – che tocca con grande ironia un tema delicato e importante, come è quello del genitore che investe sul carrierismo del proprio figlio, azzerando quindi la parte ludica che è invece il cuore dello sport a livello giovanile. Ciò che mi ha sconvolto, leggendo la bozza di Fabio, è il premio di 20 euro che certi genitori danno ai propri figli quando segnano un gol».

Trenta voci. Palla di nuovo a Fabio Benaglia: «Ho impiegato due anni per scrivere il libro. In questo tempo ho raccolto le voci di 30 persone, tra tecnici, dirigenti sportivi, di calcio e non solo, dirigenti federali e procuratori. Venti li ho citati nella prefazione, dieci mi hanno chiesto di restare anonimi. Nel libro, per tutelare la privacy dei minori, ho raccontato episodi reali, di vita vissuta, ma ho utilizzato nomi di fantasia, sia dei tecnici che dei genitori che dei bambini. Il quadro che emerge è che il carrierismo di cui sono vittima i figli è un meccanismo che è aumentato di pari passo con la crisi economica degli ultimi anni. I genitori sperano che il figlio riesca a sfondare per riuscire a fare soldi. In molti casi il padre o la madre si affidano al figlio per riuscire a conquistare quella vittoria in campo sportivo che loro genitori non sono riusciti a cogliere quando erano ragazzi. Per fortuna, parlando con gli allenatori romagnoli, questo fenomeno qui da noi è ancora piuttosto circoscritto. L’80 per cento dei genitori ha un atteggiamento costruttivo e discreto. C’è però una minoranza fastidiosa. Ed è quella che io ho cercato di descrivere. Con ironia».

Procuratore. Tra le persone intervistate da Fabio Benaglia c’è anche Alberto Bergossi, forlivese, ex attaccante di serie A (con Avellino e Bari), laureato in giurisprudenza, ora manager di calciatori. «Bergossi mi ha aiutato a ricostruire i rapporti tra la famiglia di un ragazzo e il procuratore. Ho capito in questi anni che negli ultimi tempi questo rapporto si è ribaltato. Una volta erano i procuratori che andavano dai genitori dei ragazzi più promettenti della Primavera a proporre loro di fare da manager al figlio. Ora accade sempre più spesso che siano le famiglie a cercare i procuratori».

I dialoghi. Nel libro ci sono frasi destinate a lasciare il segno negli anni. Ad esempio c’è una madre che chiede all’allenatore: «Mi sa già dire quando ci saranno le udienze di mio figlio?». Oppure c’è un genitore che chiede spiegazioni al tecnico per il fatto che il figlio vada sempre in barriera.

Molto bella anche la copertina: «L’ha disegnata Francesco Terranova, un ragazzo di Cesena che ora lavora a Genova con Renzo Piano, su idea lanciata dal fotografo Gianmaria Zanotti».

Infine, un ringraziamento. Lo fa l’editore Casalini: «È per Dionigio Dionigi, che da anni si occupa di divulgare la cultura sportiva a Cesena e dintorni, che si è dimostrato sensibilissimo anche a questa iniziativa editoriale».

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