Enzo Iacchetti domani sera al Masini di Faenza

Una nuova “avventura” per Enzo Iacchetti, che dalla televisione a spettacoli come “Il vizietto” e “Matti da slegare”, si cimenta ora con il teatro-canzone: il suo “Libera nos Domine” per la regia di Alessandro Tresa, al Masini di Faenza il 21 gennaio (ore 21) per il cartellone di Contemporaneo, alterna quindi musiche originali di Marcello Franzolo a brani di Enzo Jannacci, Francesco Guccini, Giorgio Faletti, dell’amato Giorgio Gaber, e di Enzo Iacchetti stesso.

«Le persone – racconta infatti l’attore lombardo – sono abituate allo Iacchetti comico. Ora, dopo due anni passati a scrivere lo spettacolo, spero che il pubblico gradirà il cambiamento, doveroso per un artista».

“Libera nos Domine” cita molte fonti, compreso il “Padre nostro”.

«Perché il futuro mi sembra buio, e questo titolo rappresenta una preghiera e una speranza. Non parlo per me: a questo punto dell’esistenza e della carriera, potrei permettermi di andare via e fare la bella vita… Scelgo invece di farmi ancora sparare addosso pensando ai figli, e ai figli dei figli: che ormai sono abituati a vivere persino i sentimenti con qualche sigla sullo smartphone! Il progresso è necessario, certo, ma che tutto sia volato via così rapidamente mi fa dire, anche con lo spettacolo: “Rallentiamo: c’è qualcosa che non va!”».

E lo fa con le canzoni.

«E con una soluzione paradossale: invito infatti Dio in persona a venire sulla terra questa volta senza mandare il figlio. “Rivedi il tuo progetto” gli dico “perché evidentemente c’è un errore, specialmente se dici che ci hai fatti a tua immagine e somiglianza, noi così brutti e tutti uguali”! E sono le canzoni a raccontarlo: quella di Guccini, che dà il titolo allo spettacolo, o “Migranti” che proprio Francesco aveva scritto perché la portassi a Sanremo e che fu scartata».

Furono date molte motivazioni per quella decisione…

«Ma in realtà il brano non ha niente a che fare con la politica”: semmai con la poesia… Su una musica straordinaria racconta infatti come i nostri nonni riempivano le stive delle navi e si disperdevano per tutto il mondo».

Qualcosa di molto simile a quello che succede ora.

«Ma oggi capitano fatti molto peggiori… Anche gli italiani di allora, comunque, oltre a tante cose belle, che nel mondo portano il nostro segno, ne fecero di brutte. Ma ora che siamo stanziali e non più migratori sembra che non ci rendiamo conto che non è possibile decidere chi va e chi viene… Per dire, anche i veneziani preferirebbero che le rondini fossero stanziali e i piccioni migrassero, invece le rondini in autunno partono e i piccioni restano a c…are in piazza San Marco!».

Ma si salva il mondo, con le canzoni?

«Non si risolvono certo i problemi, ma si fanno riflettere le persone. E lo spettacolo, in cui sono da solo in scena, ma con un allestimento tecnologico che crea effetti bellissimi, cerca di farlo, senza mai perdere di vista però la leggerezza e l’ironia: i tecnici mi hanno detto che l’altra sera un signore è uscito da teatro grattandosi la testa e mormorando “bello, bello, ma vado a casa con il cervello pieno di pensieri!”. Ecco, a me piace che il pubblico esca ridendo, ma facendosi domande: sul web, sulle armi, le migrazioni, l’idea di sicurezza, quelle stesse domande che mi faccio io».

Un teatro civile, quindi?

«Soprattutto una sollecitazione: a uscire di casa, a confrontarsi, a non mugugnare da soli protetti da quelle pareti, ma ad avere amicizie e discutere, qualcosa che oggi, sento davvero come un obbligo, per tutti».

Biglietti: 14-25.

Info: 0546 21306

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