Olmi: "Debutto con l’opera nella mia Ravenna e ho scelto una grande storia d’amore"

Ravenna

RAVENNA. Già trent’anni fa è stato il primo direttore d’orchestra occidentale a esibirsi in Cina, dove poi è stato chiamato a inaugurare teatri d’opera importanti e dove da allora è tornato con regolarità a esibirsi; tra poco più di un mese sarà ancora una volta il primo occidentale a oltrepassare uno dei confini più “caldi” del pianeta e approdare in Corea del Nord, protagonista di una masterclass al conservatorio di Pyongyang... Ma, nel teatro della sua città, Paolo Olmi finora non aveva mai diretto un’opera nella completezza della forma scenica.

«L’unica opera che ho diretto qui – ricorda il direttore a cui questa sera al teatro Alighieri è affidata la nuova produzione di Roméo et Juliette di Charles Gounod che ha debuttato pochi giorni fa a Rijeka-Fiume – è stata Aida, ma soltanto in forma di concerto: era il gennaio del 2000, l’alba del nuovo millennio, e si trattava di un importante progetto con la London Philharmonic, orchestra e coro. Sono passati quasi vent’anni...».

Non è un caso che questo “debutto” avvenga nel segno di un titolo francese. Perché se in quarant’anni di carriera Olmi ha portato l’opera italiana in mezzo mondo, soprattutto in Oriente, nel suo repertorio proprio l’opera francese ha sempre rivestito un ruolo di rilievo.

«I primi concerti importanti li ho tenuti in Francia, il primo a Parigi, nel 1978, poi sono stato per anni direttore musicale al teatro di Nancy, inoltre tra i tanti titoli d’Oltralpe ho interpretato per esempio la prima esecuzione integrale francese del Guillaume Tell di Rossini... Il primo contatto con il capolavoro di Gounod lo devo al grande Alfredo Kraus: cantava la celebre aria del tenore “Ah! Lève-toi soleil!” nel concerto che diressi nel 1995 a Barcellona, dopo l’incendio del teatro Liceu scoppiato il giorno prima del mio arrivo, e dove avrei invece dovuto guidare la Turandot: un’interpretazione straordinaria che mi avvicinò a questo titolo che poi ho diretto più volte. E che credo sia uno di quelli più accattivanti per il pubblico».

Come accattivante è la fonte originaria cui i librettisti Jules Barbier e Michel Carré attingono, ovvero l’evergreen shakespeariano.

«Infatti, prima di tutto, prima ancora della realizzazione musicale o della qualità vocale, quello che secondo me conta è che si tratta di una storia che arriva immediatamente al cuore del pubblico. Non è un caso che a Hong Kong, quando la diressi la prima volta, fosse pubblicizzata con enormi insegne luminose che la definivano “la più famosa storia d’amore del mondo”! È questo che mi ha guidato nella scelta del titolo da proporre a Ravenna. Perché penso che questa immediatezza comunicativa sia fondamentale, il pubblico non va a teatro per “giudicare” se si canta bene o male, ma per provare emozioni... Capisco che ai filologi possa apparire strano, ma credo che a nessuno importi se in un’opera si faccia un’aria in più o in meno, o quale versione si scelga: sono questioni irrilevanti di cui tra pochi anni non parlerà nessuno. Perché l’opera non è in crisi, anzi, nel mondo gli spettatori che si lasciano emozionare da essa sono in continua crescita».

Non si può comunque dimenticare che Gounod lavorò a “Roméo et Juliette” per quasi tutta la vita, dai primi abbozzi del 1841, ai tanti rifacimenti, fino all’ultima versione andata in scena nel 1888.

«Certo, qui si assisterà alla versione che ascoltò il pubblico di Parigi nel 1867, perché è quella in cui emerge più spiccata la vocalità giovane e fresca di Giulietta: ed è lo stesso motivo per cui abbiamo scelto un cast che incarni la giovinezza dei protagonisti, che sono appena adolescenti, travolti da un amore straordinario, da decisioni dettate proprio dall’impeto e dall’incoscienza dell’età».

Sono ben 14 le voci soliste previste dall’opera, tra cui spiccano quelle della soprano lituana Margarita Levchuk (Juliette) e del tenore spagnolo Jesús Álvarez (Roméo), nonché di Eugeniy Stanimirov (Frate Lorenzo) e di Michael Wilmering e Beomseok Choi (che si succedono nel ruolo di Mercuzio). Giovani interpreti che si muoveranno secondo l’essenziale disegno registico di Marin Blažević, in una inedita coproduzione del teatro ravennate con il Teatro Nazionale Croato Ivan pl. Zajc di Fiume, che vede protagonisti appunto l’orchestra e il coro di quella città.

«Una collaborazione naturale: a Fiume, sull’altra sponda dell’Adriatico, abita una comunità di quasi 40mila italiani ed esce un giornale in lingua italiana. Eppoi, nel 2020 sarà la Capitale europea della cultura, un sogno che noi a Ravenna abbiamo sfiorato e che idealmente rafforza il legame con essa... Proprio questa opera costituisce il loro primo importante progetto internazionale dopo la proclamazione: una sorta di battesimo e di buon auspicio».

L’opera questa sera inizia alle 20.30. Sarà replicata domenica pomeriggio (ore 15.30).

Info: 0544 249244
www.teatroalighieri.org

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