Papaleo: «Il teatro è la mia casa»

Rimini

 

SAN MARINO. Si è chiusa la stagione 2013-14 e a San Marino, con soddisfazione, tirano le somme: più del doppio gli abbonati e circa un venti per cento in più di spettatori. Grande successo al teatro Titano che ha registrato il tutto esaurito e che accoglierà la prossima stagione in quanto il Nuovo resterà chiuso per ristrutturazione. A salutare il pubblico è stato Rocco Papaleo, alle prese con il suo spettacolo Una piccola impresa meridionale, che ha contribuito a rallegrare la chiacchierata accanto al segretario di Stato per il Turismo Teodoro Lonfernini. Papaleo ha trovato analogie identitarie tra la sua Basilicata e San Marino, colpito dal fascino dei paesaggi e dall’orgoglio dei sammarinesi, ha fatto sorridere sulle sue vicissitudini di adolescente (prima liceo) quando in gita scolastica si perse proprio a San Marino e venuto a sapere che il teatro Nuovo è in restauro si è offerto di riaprirlo con un suo nuovo lavoro o una sua testimonianza. Ricordando poi la sua venuta qualche mese fa al Festival del cinema ha avanzato suggerimenti in merito.

«Festival prezioso, basti dire che c’era la Deneuve ad aprirlo, io però cambierei la sala e sceglierei un teatro. La location è questione basilare, per esempio il festival di Locarno deve moltissimo alla sua piazza. E poi, fuori dal glamour che un po’ ci vuole, va detto che è un’ottima occasione da sfruttare al meglio».

Ironicamente allora ha annunciato: «Datemi in mano San Marino, vedrete che vi faccio!».

La risposta del segretario di Stato non è tardata ad arrivare: «È fin d’ora invitato a inaugurare il Nuovo».

Dunque i festival servono?

E l’attore: «Eccome. In generale l’investimento culturale è una necessità in Italia, altri Paesi europei hanno capito che l’equazione cultura = risorsa funziona, non è spreco ed è risorsa non solo per l’anima ma per le tasche, cioè produce economia».

Ha parlato di tante cose, del figlio che va male a scuola e di come lui si senta responsabile della sua crescita evolutiva.

«Dobbiamo affascinare le nuove generazioni, avvicinarli al teatro perché permette di riflettere, crescere, noi tutti siamo responsabili di creare appeal».

Ma cos’è il teatro?

«È la mia casa, il posto dove di gran lunga mi sento a mio agio. E poi è un rito laico, è una funzione religiosa, crea una relazione fisica ed estemporanea con chi ha di fronte ed è un’esperienza forte, di impatto, che lascia dentro un segno».

Ha raccontato che è il teatro ciò che più ama fare, da quando, lasciati gli studi di matematica, è stato iscritto da un’amica alla scuola di recitazione.

«Parto come teatrante, tutto il resto è complementare. Il teatro per me rimane il caposaldo, è la vera espressione artistica che ogni sera sul palco si compie e si arricchisce».

Ma come nascono i suoi spettacoli?

«Butto la canna da pesca nel laghetto e pesco, possono essere sogni, vissuto, follie. Certo gioco sulle mie radici, sulla mia appartenenza, a un territorio piccino ma con una forte idea di comunità nel senso non fisico ma di sentimento. Ora sono un uomo di città e cerco di bilanciare la cosa con le radici ma soprattutto cerco di fare le cose con sincerità e onestà. L’identità è sempre un ausilio affettivo poi le cose si mischiano e vengono fuori i miei spettacoli e i film».

Spazio importante ce l’ha la musica, ma cosa le piace ascoltare?

«Suono e canto da autodidatta e mi diverto molto. In questo momento ascolto Erica Mou, cantautrice pugliese che è anche sul palco con noi».

E chi altri? «Mi piace De Gregori, sono stato a casa sua l’altra sera a cena, adesso non è più cupo come un tempo, lui ha suonato la chitarra e io cantato le sue canzoni… certo lo ritengo uno dei grandi. Poi ascolto il jazz».

Prossimi impegni?

«Il cinema è sempre lì in agguato. Ho girato il film, che uscirà dopo l’estate, dal titolo La buca, di Ciprì con Sergio Castellitto, e Valeria Bruni Tedeschi».

Quale ruolo ha?

«Io sono la buca! Poi farò il film con la Archibugi che gireremo a maggio, titolo Il nome del figlio, il nuovo film di Luca Miniero e il teatro sempre».

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