«Per Brecht mi faccio in due. In ognuno convivono bene e male»

Rimini

CESENA. Tre dei vengono inviati sulla terra, scendono nella Cina del Sezuan alla ricerca di “anime buone”. Se le troveranno, il mondo potrà andare avanti, diversamente soccomberà. È l’incipit di “L’anima buona del Sezuan” di Bertold Brecht opera scritta all’inizio degli anni Quaranta, sorta di favola-apologo poetico e sociologico. Va in scena al teatro Bonci di Cesena da stasera alle 21 a domenica 9 dicembre ore 15.30.

La rappresentazione si deve alla compagnia Le Belle Bandiere di Russi, in una coproduzione Ctb bresciano, Ert in collaborazione con Russi, guidata da Elena Bucci pure regista, e Marco Sgrosso. In scena con i due protagonisti altri sette interpreti (fra cui la santarcangiolese Nicoletta Fabbri) che danno vita a 22 personaggi. Rappresentano l’umanità di una Sezuan poco accogliente ed egoista in cui si imbattono i tre emissari. La sola che si distingue è Shen-Te, prostituta dal cuore d’oro che ospiterà i tre dei. Loro la ripagano con una somma utile ad aprire una tabaccheria, negozio di cui si approfitteranno i vari personaggi. Shen-Te per difendersi assumerà i panni dell’alter ego Shui Ta, più duro e cattivo. Entrambi i personaggi sono interpretai da Elena Bucci. Dal 1992 le Belle Bandiere hanno realizzato una prolifica e qualificata crescita al teatro, tale da farne oggi una compagnia di punta nazionale, pluripremiata. Memorabile per il Bonci rimane “L’anima buona del Sezuan” del Piccolo di Milano e di Giorgio Strehler del 1982.

Elena, lei vide “l’anima buona” di Strehler?

«No, il mio innamoramento per questo testo risale ai primi anni Duemila quando lavoravo coi musicisti: “Perché non facciamo Kurt Weill?”, disse qualcuno. Da lì mi sono riappropriata di Brecht. Questo è un testo che chiama anche le musiche; noi le eseguiamo dal vivo attraverso Raffaele Bassetti che le “impasta” da fondo sala in una drammaturgia sonora elettronica, mentre in scena le esegue dal vivo Christian Ravaglioli, romagnolo di Piangipane che dopo aver girato tanto è tornato in Romagna».

Il racconto possiede pure una vena poetica e prevede canzoni dal vivo.

«È così, eseguiamo una sorta di recitar cantando con le nostre voci. Le opere di Brecht sono spesso intrise di parti vocali e musicali, con le quali sottolinea una poetica non scevra da pensieri anche socio politici. Una canzone dice ad esempio, con monito: “Perché gli dei non vengono con bombe e cannoni ad aiutare i buoni e a colpire i cattivi?”, e ancora: “Le porte ai giovani sono aperte sul nulla, i vecchi non contano”. C’è dunque tanta attualità, ci sembra bello che poesia e denuncia possano abbracciarsi in unico testo».

Quali sono i temi forti?

«Brecht affonda le mani nella modernità, attraverso la poesia coniuga politica, economia, ricerca nei linguaggi comici, mescola i codici artistici, e affonda il dito sull’accoglienza, qui l’argomento più forte».

Come riuscite in nove a dare vita a 22 personaggi?

«Abbiamo attori bravissimi, alcuni con noi da anni, altri inseriti un po’ alla volta dopo laboratori e seminari; non è uno spettacolo facile, anche nei cambi tecnici, mette fisicamente alla prova. La cosa bella di questa compagnia, tengo a dire, è la forte armonia e affiatamento che abbiamo creato, che arriva al pubblico. Sono pure convinta della necessità di interpretare i due personaggi, proprio perché in ciascuno di noi convive l’anima buona e quella meno».

Una caratteristica propria di questo spettacolo è l’uso delle maschere in scena.

«Abbiamo lavorato molto sulle maschere con l’idea della commedia dell’arte; non filologica, ma come strumento di invenzione, le maschere richiamano pure l’ambientazione cinese. È stato Stefano Perocco di Meduna a crearle, e ognuno di noi ha scelto liberamente quella che ha sentito più congeniale. Oltre ai grandi temi, la maschera esprime lo sberleffo del comico dell’arte, si apre ai dialetti, a una lingua sporca come usava Brecht. La maschera ci fa immergere in un oriente che non conosciamo, per esprimere la nostra fascinazione dell’oriente stesso».

Nel frattempo è candidata ai premi Ubu.

«Più esattamente la nomination è per il “Teatro comico” di Roberto Latini, con cui siamo stati a Istanbul e a Tunisi. Io ho già vinto l’Ubu per il mio teatro; ciò che vale di queste nomination è il fatto che sono designate da addetti ai lavori che amano il teatro, e che valorizzano compagnie coese e armoniche. Così la condivisione che abbiamo Latini ed io va oltre la carriera personale».

Info: 0547 355959

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