«I veri fantasmi siamo noi, sono le paure che ci portiamo dentro»

Rimini

IMOLA. Quello che viene portato in scena dal 5 al 9 dicembre al teatro Stignani di Imola è una commedia dall’umorismo amaro, quello della vita messa fra parentesi, sostituita da un’immagine, da un travestimento, da una maschera imposta agli uomini dalle circostanze della società in cui vive. “Questi fantasmi!” di Eduardo De Filippo – scritta a metà del Novecento ma attuale anche ai giorni nostri – unisce il comico al tragico con echi pirandelliani che ben rispecchiano anche la quotidianità della vita in cui molto spesso si è soliti credere alle illusioni, delegando agli altri le possibili soluzioni, pur di convincere che le cose vanno bene.

Nonostante sia ambientata nella Napoli del dopoguerra, la commedia non risparmia la contemporaneità della costante ricerca della felicità e dell’illusione che questa possa arrivare da un momento all’altro. Il tutto avviene grazie a un cast d’eccezione tra cui Gianfelice Imparato nel ruolo di Pasquale Lojacono, sotto la guida della lucida e intelligente regia di Marco Tullio Giordana con il quale abbiamo parlato della pièce.

Giordana, per quali motivi ha deciso di portare in scena “Questi fantasmi!”?

«La proposta è arrivata all’indomani della morte di Luca De Filippo che avrebbe dovuto dirigere la commedia, non avrei mai potuto rifiutare. Ho anche un grande amore per il teatro, esattamente quanto per il cinema. Eravamo molto preoccupati di andare in scena a Napoli, città molto severa per quanto riguarda la messa in scena delle opere di Eduardo, ma per fortuna c’è stato un grande calore».

Quella che porta in scena è di fatto una vita non vissuta pienamente, tra paure e non detti. Qual è la vera grandezza di Eduardo De Filippo?

«Eduardo è uno dei nostri grandi monumenti del Novecento, conosciuto e rappresentato, insieme a Pirandello, nei teatri di tutto il mondo. Ha rappresentato la commedia umana in tutte le sue sfaccettature. De Filippo non si è mai messo in cattedra, non ha mai pensato di essere migliore dei suoi personaggi e li ha dipinti senza mai fare sconti, senza un giudizio moralistico. “Questi fantasmi!” racconta una Napoli del dopoguerra, devastata e poi ricostruita, l’occupazione tedesca e la liberazione con gli Americani nell’eterno dialogo tra povertà e ricchezza».

«I fantasmi non esistono, li abbiamo creati noi, siamo noi i fantasmi»; questo dice il personaggio Pasquale Lojacono al dirimpettaio professor Santanna, alter ego che non compare mai. È davvero così? I nostri fantasmi altro non sono che le proiezioni delle nostre paure?

«Credo che sia proprio così. Questi spiriti sono le proiezioni delle nostre illusioni e delle mancate aspirazioni, del non sentirci mai abbastanza all’altezza, del nostro timore di essere sempre insufficienti e di non farcela in questa lotta così faticosa per la vita».

Una dei protagonisti è Napoli, ma oggi c’è ancora in gran parte delle nostre città un po’ della città partenopea di quegli anni?

«Le nostre città hanno perso gran parte della loro identità con l’arrivo di altri Italiani, oltre che di stranieri; si è persa molta specificità. Napoli stessa è cambiata, ma conserva ancora la sua folle allegria, a volte tragica e a volte febbricitante di vita».

De Filippo prima e adesso lei, portate in scena la disperazione amara e ironica dell’indossare quelle maschere che molto spesso la società impone; i vostri personaggi vivono a metà. Cosa significa?

«Significa non vivere pienamente e quindi limitarsi a sopravvivere. I personaggi aspirano a qualcosa che però sanno di non riuscire mai a raggiungere, per esempio una vita matrimoniale in cui non ci si sente protagonisti e abbandonarsi a un'esistenza sicura da cui si è però dipendenti».

Ogni singolo personaggio è alla ricerca di quell’appagamento che non riesce a raggiungere ma che cerca disperatamente. Cos’è la vera felicità per i protagonisti di questa commedia?

«La possibilità di potersi fermare sul pianerottolo delle scale di un grattacelo per tirare il fiato. Lojacono scambia qualche parola sorseggiando il caffè, parla con il portiere e la moglie Maria. Emerge il tentativo di dar voce all’altro e di stabilire un rapporto confidenziale per poter deporre l’armatura».

«Il futuro del teatro è grigio, tra sessant’anni non si riderà più», queste sono le parole pronunciate da Eduardo De Filippo nel 1946, anno in cui scrisse “Questi fantasmi!”. È davvero così?

«Il teatro ha superato momenti di crisi e credo che continuerà a vivere per quelle persone che di tanto in tanto vogliono spegnere per un po’ il chiasso assordante della comunicazione contemporanea dove tutti strillano per sentire invece finalmente delle parole».

Cosa si augura arrivi al pubblico che verrà a vedere “Questi fantasmi!”?

«Energia e voglia di illudersi – l’illusione infatti può far commettere degli errori ma è sintomo della non rassegnazione – oltre che allegria e malinconia che sono componenti essenziali della nostra vita».

Info: www.teatrostignani.it

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