Ritrovate nel Faentino le origini della famiglia di Gioachino Rossini

Faenza

FAENZA. Viene soprannominato il “Cigno di Pesaro”, ma sono numerosi gli elementi che lo riconducono alla Romagna: Gioachino Rossini è stato uno dei più grandi compositori di melodrammi di sempre, osannato in vita dai pubblici di tutta Europa, incoronato come genio dagli intellettuali dell’epoca. E dopo duecento anni le sue opere continuano ad essere tra le più rappresentate nei teatri. Basti pensare che la città di Pesaro, grazie al “Rossini opera festival”, è riuscita a diventare meta estiva obbligata per decine di migliaia di appassionati, che alimentano l’economia della città per giri d’affari milionari.

Il nonno

Ora, nel 150° anniversario della morte che ha visto Rossini al centro di studi, iniziative e celebrazioni, spunta un indizio in grado di legare la figura del musicista anche al territorio faentino: si tratta del certificato di battesimo del nonno, Gioachino Sante, rinvenuto dalla professoressa Raffaella Zama negli archivi della parrocchia di Granarolo. L’avo del celebre artista fu battezzato nella chiesa di Sant’Andrea, appena fuori Faenza, poiché a Cassanigo, dove risiedevano i Rossini, non vi era un battistero: «La famiglia dei Rossini – racconta Alfonso Nadiani, che da tempo ha dedicato la propria attenzione alla vicenda – era in zona fin dal 1200. È probabile che in origine appartenessero ad un ceto sociale elevato, dal momento che figurano come massari. Il padre di Rossini, Giuseppe, a fine ‘700 si trasferì a Lugo e in seguito a Pesaro, per motivi politici».

L’Oratorio

Giuseppe Rossini era conosciuto per il carattere particolarmente esuberante e l’ardore giacobino: attributi che gli valsero il curioso soprannome di “Vivazza”.

Un’ulteriore traccia della famiglia Rossini si trova poi a Cotignola: «È l’Oratorio dedicato a San Nicola da Tolentino – spiega Nadiani –, una chiesina del 1763: vi sono sepolte due donne, madre e figlia, una delle quali ha il cognome Rossini. Si tratta di una parente di Gioachino».

Progetto di recupero

Intorno alla cappella, di ridotte dimensioni ed in stato di fatiscenza, sta prendendo forma un progetto di rigenerazione che parte proprio dal valore di testimonianza storica che rappresenta: «Il tetto è molto pericolante – conclude Nadiani – e per procedere servono vari permessi. Tuttavia nei giorni scorsi è stato organizzato un evento di sensibilizzazione che ha destato l’interesse di molti». La speranza è quella di riuscire a recuperare la struttura: potrebbe così crearsi una sorta di itinerario rossiniano in terra romagnola, magari con la possibilità di dialogare con Pesaro.

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