Red Canzian: «Torniamo alla musica Basta computer e balletti»

Cesena

Red Canzian, storico bassista dei Pooh, uno dei gruppi più longevi d’Italia, è uno degli ospiti di “ImaginAction”, il festival del videoclip che torna al teatro Bonci di Cesena dal 12 al 14 ottobre. Il tema della conversazione del musicista con il pubblico riguarda il video clip, moderno mezzo comunicativo al centro del festival. Pur legato a una generazione di musica ascoltata più che “guardata”, il trevigiano Red Canzian, che a 66 anni continua a vivere di musica, si sente pioniere nel campo dei video clip.

Dice a proposito: «Prima dei Pooh, ai tempi dei Capsicum Red (rock band attiva tra il 1970 e il ’73), la mia carriera è iniziata con un videoclip televisivo all’avanguardia, in bianco e nero, dagli effetti scenografici e tecnici avanzati; era sigla del programma “E ti dirò chi sei” di Enza Sampò e Giorgio Vecchietti. La canzone era “Ocean” cantata in inglese».

Da quella sigla ai Pooh, il salto nel video è stato breve?

«Sì, già nel 1974 realizzammo un film musicale di oltre un’ora. Girammo a Sperlonga sulla spiaggia, in attesa dell’alba, suonammo “Parsifal” tra fumi e fuochi accesi… Poi nel 1990 per “Uomini soli” fummo i primi a creare un video in alta definizione».

Pure appartenendo a una generazione di fruizione acustica della musica, avevate sensibilità anche per la musica con immagini?

«Abbiamo sempre cavalcato il video; cercando però, tengo a precisare, di essere prima di tutto interpreti di noi stessi. Lo dico perché ho sempre considerato il videoclip un mezzo al servizio della musica, e non viceversa. Quando si fa invadente o distraente rispetto al linguaggio musicale, allora non mi piace più. Prediligo i video che fungono da sottofondo alla musica, quelli che ti portano a concentrarti su ciò che stai ascoltando».

Quali videoclip ad esempio non gradisce?

«Prendiamone uno di Beyoncè: ballerini sul palco, esplosioni, lei che scende che ne so, con una astronave… è troppo, mi sembra uno spettacolo di Las Vegas più che il video di una canzone».

Il musicista che è in lei non accetta.

«Suono uno strumento a mano, a corde, perciò mi domando: cosa c’entra con la musica ’sto sfarzoso “ambaradan”? Penso a James Taylor, non ha mai avuto bisogno di ballerine per cantare “You’ve got a friend”. Così Paul McCartney quando canta “Yesterday” con la sua chitarra acustica. Magari ai concerti qualche “esplosione” ci può stare…, però quando vedo entrare i ballerini sul palco mentre si fa musica mi domando perché a me non verrebbe in mente di farlo. Pensiamo alla poesia, alla famosa “onda” giapponese; è solo un segno grafico ma dentro c’è già poesia».

La musica prima di tutto.

«Mi piacerebbe che nella musica venissero abbattuti i computer; e che la musica tornasse ad essere suonata a mano; l’ho fatto per l’ultimo mio album andato a Sanremo (“Testimone del tempo”); le canzoni sono più vere, più oneste. Altrettanto vale per l’immagine: non cambio abito di scena ai concerti, perché sul palco sono un musicista non un modello, e non mi trucco. Io la intendo così; non ho mai visto Bill Evans truccarsi né Chick Corea o i Beatles».

A proposito, lei ha girato un video con Paul McCartney?

«Sì, era contro il maltrattamento degli animali (“Pareti di vetro”). Ci siamo conosciuti, lui è stato molto gentile, con la mia famiglia ci siamo fotografati con lui da veri fan, un attimo prima che salisse sul palco a cantare. Mica era truccato Paul, era un bel musicista di 72 anni, ben pettinato, rispettoso del pubblico. Io il musicista lo vedo così; uno che ha rispetto di chi lo ascolta e della sua storia, che non tradisce, ma cerca di andare avanti».

Lei come sta andando avanti? La pensione sembra lontana.

«Sono curioso perciò mi metto quotidianamente alla prova, voglio capire fin dove riesco, ci metto passione e cuore. Sto preparando una serie di concerti di Natale insieme a un’orchestra di 35 elementi con cui ho girato in tour d’estate. Sto anche lavorando a un’idea di musical che per ora non svelerò, sto scrivendo canzoni e quando posso dipingo. Anzi, mi piacerebbe dedicare un anno della mia vita solo alla pittura, perché è solo con l’esercizio che riesci a crescere».

Rispetto all’Italia di oggi, com’era quella che vide crescere i Pooh?

«Cantava “Aprite le finestre al nuovo sole”; adesso le finestre le chiudiamo, c’è meno fiducia, allegria; ma non sono un nostalgico, guardo avanti».

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