Vittorio di Colbertaldo scultore in quattro continenti

Rimini

Il Monumento ai Caduti di Arcole, inaugurato nel 1928, è probabilmente la prima opera pubblica realizzata da Vittorio Di Colbertaldo (Forlì 1902 – Verona 1979). Il sito della Fondazione a lui dedicata riporta che, in occasione dell’inaugurazione, sul quotidiano veronese “L’Arena” si legge: «Vittorio Di Colbertaldo, forlivese di nascita ma veronese d’adozione, nonostante la sua età giovanissima, è riuscito già da qualche anno ad imporsi alla ammirazione di quanti (e sono molti) hanno potuto conoscere tutta la complessa ed eclettica sua figura d’artista nuovo».
Le origini venete
Di nobile famiglia bassanese, l’artista la segue nel trasferimento a Verona dove compie gli studi liceali e si diploma all’Accademia d’arte Cignaroli. Prima di vincere il concorso per Arcole, ottiene committenze per opere funerarie nel Cimitero monumentale di Verona e provincia ed esegue le sculture che completano la “colonna antica” di Piazza delle Erbe. Nel 1935 si trasferisce a Roma, per insegnare scultura al Liceo artistico statale, dopo un breve incarico alla Scuola d’arte di Guidizzolo in provincia di Mantova.
Entra a far parte del gruppo di artisti-soldati che nel 1942 presentano le loro opere in una mostra itinerante “Italiani in armi” che da Roma, si sposta alla Biennale di Venezia poi a Berlino, Monaco, Vienna, Budapest e Bucarest. Vive e lavora a Roma e nella sua casa-studio a Salto di Fondi. A partire dagli anni Cinquanta crea la monumentale “Via Crucis” davanti alla cappella in onore di tutti i caduti italiani nei campi di concentramento a Dachau e i pannelli per il palazzo di giustizia di Bolzano.
A Verona realizza l’altorilievo in pietra del Carso alto oltre tre metri dedicato a Carlo Ederle, medaglia d’oro degli artiglieri d’Italia, e 15 bassorilievi per il Santuario di Nostra Signora di Lourdes.
La fama internazionale di Vittorio Di Colbertaldo deriva principalmente dalle sue grandi opere realizzate in quattro continenti: due monumenti a Cristoforo Colombo nel 1957, a Miami e San Francisco, la statua equestre del principe Diponegoro a Giacarta dieci anni dopo e il colossale Amedeo di Savoia duca d’Aosta all’aeroporto di Gorizia.
A questi seguono gli altri dedicati al presidente Karame a Tripoli, ai Paracadutisti d’Italia a Viterbo, al martire praghese Jan Palach a Roma e ai Marinai d’Italia a Taranto nel 1973.
Assiduo utilizzatore della fotografia, documenta gran parte della sua produzione pubblica nel volume “I monumenti e l’uomo” pubblicato dall’editore Del Duca nel 1967, dove emerge come progressivamente il suo stile evolva nel tempo verso la semplificazione delle forme mantenendo intatti i sentimenti nazionalisti e religiosi uniti all’aspirazione alla libertà di spirito sempre fortemente professati.
Negli ultimi anni di vita l’artista produce piccole sculture, disegni, incisioni e acquerelli che trovano unanime consenso di critica e di pubblico nelle esposizioni in Italia e all’estero.

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