Vivere la vita, dall’alba al tramonto: «Non esiste musica senza libertà»

Rimini

RIMINI. Il suo nome significa vento di montagna, indomabile e libero, esattamente come lui. Ermal Meta dentro di sé ha le note del violino suonate dalla madre in Albania, Paese in cui è nato 37 anni fa per poi trasferirsi a Bari.

Un’infanzia complessa, la sua, che lo porta a diventare adulto molto presto; una fotografia tridimensionale di una cicatrice rimarginata e chiusa di forte impatto emotivo lo porta al Festival di Sanremo di due anni fa con Vietato morire.

La sua passione per la musica è una favola diventata realtà che l’ha portato a vincere, insieme a Fabrizio Moro, il festival della canzone italiana di quest’anno e ad aggiudicarsi il quinto posto all’Eurovision con Non mi avete fatto niente.

Con il disco d’oro Non abbiamo armi sarà questa sera al Rimini Park Rock (ore 21) per raccontare la contemporaneità in cui viviamo, i sentimenti, l’amore, la fiducia, le cadute e le risalite che ognuno di noi vive utilizzando, a differenza di molti altri poeti, l’intelligenza del cuore.

Meta, oggi farà tappa a Rimini con la sua tournée “Non abbiamo armi”. Quando e perché non abbiamo armi?

«“Non abbiamo armi” perché tutto quello che abbiamo è l’emotività, ovvero la nostra difesa e anche il nostro attacco. Per quanto ognuno di noi cerchi di proteggersi dietro agli scudi non saremo mai impermeabili ai sentimenti perché loro ci definiscono».

La musica nella sua vita è arrivata da subito, prima con il pianoforte e poi con la chitarra. Cos’è per lei la musica?

«Credo che la musica sia l’unica forma di libertà possibile. Se l’arte delle note non ci accompagnasse nel nostro quotidiano non si potrebbe esprimere diversamente la libertà. Non esiste musica senza libertà e viceversa».

Lei è nato in Albania e la sua infanzia non semplicissima l’ha costretta a crescere in fretta. Quando ha sentito il bisogno di disobbedire?

«Si disobbedisce quando tutto sembra che debba andare in una direzione e si decide invece che quella non sia la direzione in cui si debba andare; ecco che ne viene scelta un’altra, quella cioè che permette di compiere il primo passo verso la felicità».

Una sua canzone molto interessante è “Odio le favole”. Qual è il suo rapporto con le favole? Lei cerca il lieto fine?

«Ciascuno di noi ha il compito di scrivere il proprio lieto fine. Non ho niente contro le favole, anzi mi piacciono moltissimo. Quello che cerco di raccontare è che il finale migliore non è quello che è già scritto ma quello che noi possiamo ancora scrivere».

A Sanremo 2017 ha cantato nella serata cover “Amara terra mia”. Cosa c’è di amaro nella sua terra d’origine e nella terra che l’ha accolta?

«In quegli anni, di amaro in Albania c’erano diverse cose, era una terra che lasciava un regime totalitario e di dittatura. In Italia di amaro ultimamente c’è la chiusura e paura di ciò che è diverso; è un Paese meraviglioso se solo fosse governato con un’apertura mentale maggiore. Secondo me, tutte le terre possono diventare amare e questo accade perché in realtà c’è un fortissimo legame con la propria terra; tutti noi siamo migranti del nostro tempo, ecco che la terra d’origine cambia continuamente, a volte è amara e a volte è dolce».

Lei ha affrontato la musica in molti dei suoi generi, prima con gli “Ameba 4” e “La fame di Camilla”, per poi scrivere come autore per i più grandi cantanti contemporanei e infine intraprendere la carriera da solista. Cosa significa essere autore oggi?

«Significa quello che ha sempre significato, ovvero regalare una parte di sé agli altri. Un autore in fin dei conti crea qualcosa per altre voci. Questo a volte fa stare bene e altre no. Ero felice di scrivere per altri, ma lo sono ancora di più cantando le mie canzoni».

C’è un cantante per il quale vorrebbe scrivere una canzone?

«Mi piacerebbe moltissimo scrivere per Mina, la più grande voce che l’Italia abbia mai avuto».

Il suo mondo, quello della musica, non è semplice. Il suo stesso nome significa “vento di montagna”, quel vento l’ha mai aiutata a rialzarsi dopo le cadute, se mai ci sono state?

«Certamente sì. Il vento inconsapevolmente lo fa sempre, fa volare gli uccelli, i pensieri e a volte ci solleva anche da terra permettendoci anche di sognare. Posso dire che i miei piedi sono ben piantati a terra».

Ha vinto il Festival di Sanremo ed è arrivato quinto all’Eurovision, insieme a Fabrizio Moro, con “Non mi avete fatto niente”. La forza del sorriso di un bambino può davvero essere salvifico dinnanzi all’odio, alla violenza e al terrorismo? Perchè?

«Quello di un piccolo essere umano non è semplicemente un sorriso, ma una speranza su quello che sarà il domani, il futuro».

Lei sorride molto?

«Dipende. Io sorrido quando c’è da sorridere, quando c’è l’occasione certamente non mi risparmio: non sono mai stato avaro di sorrisi. Credo che il sorriso sia fondamentale nella vita».

Sta spopolando nelle radio con “Dall’alba al tramonto”, una canzone che parla di vita. Cosa dovremmo vivere fino in fondo?

«Tutto, perché qualsiasi cosa ha il suo tempo e il suo spazio; ecco che ogni attimo merita di essere vissuto sino in fondo nel bene e nel male, facendo di tutto quello che accade un insegnamento».

Nella stessa canzone canta “Solo se ti fidi di me”, la fiducia è importante?

«Tutto questo viaggio che noi affrontiamo di certo non può essere fatto da soli perché stando soli fa male anche l’aria. È fondamentale la condivisione o lo stare insieme, non è certo impoverimento, anzi».

In gran parte dei suoi testi, racconta l’amore in tutte le sue sfumature. Cos’è per lei? Il significato della parola “Accanto”?

«L’amore per me è speranza in tutte le sue forme. Tutti noi speriamo in qualcosa e quando lo facciamo è perché amiamo. “Accanto” è proprio questo».

Non è un periodo così semplice quello in cui viviamo, ma cos’è “Quello che ci resta”, partendo dalla sua canzone?

«Quello che ci resta è quello che riusciamo a ricordare di più. La vita è fatta di momenti e quelli più importanti sono quelli condivisi, ci resta il sole negli occhi, la sabbia tra le mani, ci resta qualche cicatrice sul cuore perché peggio di un cuore infranto c’è solo un cuore intatto».

Oggi sarà a Rimini. È mai stato in questa terra?

«Diverse volte. La Romagna è una terra stupenda, i romagnoli li adoro. La mia migliore amica è romagnola. Giochiamo in casa, si può dire».

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