Non solo i Malatesta: «Venite a Dovadola a conoscere i Guidi»

DOVADOLA. «La singolarità di quello che abbiamo realizzato a Dovadola è aver predisposto un progetto esecutivo complessivo, scorporato in lotti a seconda dei finanziamenti disponibili. Nel corso dei cinque anni della mia amministrazione, ma anche ora, non si sono perse occasioni per chiedere fondi allo Stato e alla Regione: questa tenacia è stata ripagata, con l’ultimo stanziamento di 1.490.000 euro annunciato all’inizio dell’anno, che ci permetterà di avanzare ancora un po’ nel ripristino della bellissima Rocca dei conti Guidi».

Parola di Gabriele Zelli, sindaco del piccolo paese della vallata del Montone dal 2012 al 2017, grande esperto di “cose romagnole” che promuove e valorizza con pubblicazioni e incontri in tutto il territorio.

«Per realizzare tutto questo ci siamo messi in rete con altri paesi dove le testimonianze del passato sono ancora evidenti grazie a rocche e borghi ben conservati: Castrocaro, Meldola, Civitella e Cusercoli, Rocca San Casciano. Dispiace particolarmente quindi che la Regione in questi anni abbia assegnato contributi a progetti più “meritevoli” ma che tuttora non hanno iniziato i lavori, e non al nostro, perfettamente cantierabile! Comunque, a forza di chiedere, e avendo le carte in regola, finalmente abbiamo ottenuto un finanziamento cospicuo e il Comune ora ha la possibilità concreta di valorizzare quel bene, all’interno di un’ottica che mira a riscoprire le bellezze dell’entroterra romagnolo».

Cosa troverà un turista arrivando a Dovadola?

«La possibilità, per esempio, di salire su una torre di 42 metri e ammirare da lassù un panorama di grande suggestione. Il completamento dei lavori porterà inoltre ad allestire le sale, facendo “rivivere” le atmosfere del tempo in cui la rocca veniva utilizzata. Insomma, parliamo di una struttura e di un paese che possono entrare a pieno titolo nel circuito delle rocche e castelli della Romagna, ma anche nei “Cammini di Dante” e “di Assisi” che proprio da Dovadola partono. Il turista che non ha fretta, che ama il nostro entroterra e la cultura, potrebbe trovare tanti motivi d’interesse in una struttura inserita in una prospettiva complessiva fatta delle diverse eccellenze del territorio, e dei tanti “turismi” che esso consente. Tutto inutile, però, se non si investe, e non si fa promozione…».

Carlo Giannelli è l’autore di un’opera voluminosa e per certi aspetti innovativa, “I Guidi. Signori di Dovadola” (Il Ponte Vecchio, 2017). Come nasce?

«Spinto dall’interesse per la storia e in particolare per quella locale, decisi anni fa di scrivere di Dovadola, il paese in cui sono nato, tra l’altro proprio in via Guido Guerra. I conti furono autori e protagonisti della storia narrata e quindi il lavoro, di taglio prevalentemente archivistico, si basa su documenti inediti e su fonti toscane e romagnole edite. Per tutto il XII secolo essi si mantennero fedeli all’Impero divenendo per via matrimoniale anche parenti del Barbarossa; in seguito, col venir meno di un capo della casata e il formarsi di più famiglie, emersero scelte diverse, anche se i signori di Dovadola militarono sempre in campo guelfo».

I Guidi esercitavano il loro potere su numerose città “strategiche” a cavallo dell’Appennino.

«Sì, ma intanto, con l’affermarsi dell’egemonia fiorentina, il ruolo dei vari rami (Romena, Bagno, Modigliana…) si ridusse a una dimensione puramente locale, resistendo in Romagna fino al 1439, anno della morte di Guelfo, e in Toscana fino al 1440. Inoltre, come rileva anche Ernesto Sestàn, caratteristica peculiare di tutte le casate fu l’incapacità di adeguarsi al mutamento dei tempi nel momento del trapasso dalla società feudale, che era la loro, alla nuova società borghese e comunale. Forse perché, essendo essenzialmente uomini d’arme, non disponevano della necessaria preparazione giuridico-amministrativa, e pur avendo case e palazzi in varie città toscane e romagnole, ne rimasero quindi lontani, preferendo restare abbarbicati ai loro castelli fra i monti».

Ma c’è un Guidi che lei ha sentito particolarmente vicino in questi anni di studio?

«Della nobile figura di Guido Guerra, forse la più illustre della casata dei Guidi, val la pena ricordare il ritratto lasciato da Filippo Villan:. “…uomo di grande animo, che sempre pensava e desiderava cose grandi, uomo gagliardo e bellicoso, e di fatti d’armi peritissimo, fu molto guelfo, spesso capitano, sprezzatore dei pericoli, d’ingegno e d’animo maraviglioso…”. Alle parole di Jacopo Rusticucci è affidata invece nella “Commedia” dantesca la presentazione della figura alta e solenne del conte, che per aver posto il suo ingegno a “bene fare”, viene visto come il campione di quella società cavalleresca tanto vagheggiata e idealizzata dal Sommo poeta. Unico mio auspicio, che la rocca sia restituita alla comunità e alla fruibilità pubblica, conservando la sua composta bellezza di fortezza feudale così come la vollero i suoi signori».

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