«Esploriamo, innoviamo, mischiamo generi diversi»

Rimini

MARINA DI RAVENNA. Può fare un po’ specie vedere l’elegante Elsa Signorino al fianco di “ragazzoni” barbuti e ricoperti di tatuaggi come Christopher Angiolini, patron del Bronson, e Bruno Dorella, artista naturalizzato ravennate. Ma Ravenna è così, un luogo dove talvolta le diverse anime si incontrano. L’occasione più recente è stata la presentazione della 7ª edizione del festival Beaches brew, dal 4 al 7 giugno tra il bagno Hana-Bi e il molo Dalmazia di Marina di Ravenna.

Angiolini ha gongolato un po’ ricapitolando i numeri dell’anno scorso. Si parla di una «vera e propria consacrazione internazionale»: 15mila presenze circa, il 40% dall’estero. Per questo il Comune ha deciso di dargli fiducia, come ha spiegato l’assessora Signorino, premiando Beaches brew con finanziamenti più alti attraverso la nuova convenzione, perché «mette al centro l’innovazione, la qualità e l’attenzione al territorio».

La line-up di quest’anno conta ben 20 artisti, selezionati da Angiolini e dall’olandese Bob van Heur, conosciuto dai più come uno degli organizzatori del famoso festival “Le Guess Who?” di Utrech – ma per i non addetti ai lavori è difficile trovare un nome di largo richiamo.

La ragione l’ha chiarita subito Angiolini: «Con la scorsa edizione abbiamo raggiunto un apice difficilmente superabile con questi budget, per questo abbiamo deciso di cambiare strada. Beaches brew vuole essere un festival esplorativo: non vogliamo cadere nei cliché, ma seguire percorsi non convenzionali fra generi diversi, puntando sul legame fra tradizione e innovazione».

Solco in cui si può perfettamente collocare il gruppo più conosciuto di questa edizione, gli statunitensi Tune-Yards, formati dalla cantautrice Merril Garbus e dal bassista Nate Brenner, un progetto trasversale che tiene assieme influenze tra la world music, il lo-fi e l’indie pop. Filo rosso, quello dell’attenzione alle sonorità etniche, che caratterizza molte realtà di questa line-up sperimentale: si pensi al trio texano Khruangbin, che unisce psichedelia e surf-rock prendendo spunto dal thai funk anni ’60; oppure a Hailu Mergia, compositore di 72 anni dalla storia peculiarissima. Negli anni ’80 Mergia lascia l’Etiopia ed è costretto a rifugiarsi a Washington, dove si guadagna da vivere come tassista e porta avanti la sua passione suonando sui sedili posteriori tra una corsa e l’altra. Scoperto nel 2013, in poco tempo diventa una star dell’ethio-jazz: sarà per la prima volta in Italia il prossimo 5 giugno.

Un grande spazio è dedicato anche alle soliste e alle compositrici: si va dal rap della 25enne Flohio, dalla periferia di Londra ma originaria della Nigeria, alla musica della giovanissima Sudan Archives, ragazza statunitense che prende ispirazione dai suonatori di flauto sudanesi, fino ad arrivare all’egiziana Nadah El Shazly, nome di culto dell’underground elettronico del suo paese che mescola canto arabo, avant-jazz e folk.

Non mancheranno momenti più “impegnati”, grazie al punk-rock politico dai messicani di seconda generazione Downtown Boys da Providence (la stessa città del visionario Lovecraft) e alla sperimentazione musicale di Rizan Said, compositore siriano attento ai suoni della “dabke dance”, ballo tipico del suo infelice paese.

Info: beachesbrew.com

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