«Per salvare l’arte non si può delegare, serve responsabilità da parte di tutti»

Rimini

CESENA. Sui temi di tirannia e libertà, la prima Festa di Radio3 a Cesena dispiega da venerdì 25 a domenica 27 maggio, nei teatri Bonci e Verdi, un nutrito programma di idee e pensieri dentro la città dantesca, là dove «fra tirannia si vive e stato franco».

Proprio al Bonci venerdì alle 17.45, per Il teatro di Radio3 condotto da Antonio Audino, si ascolta una storia di fascino ma poco conosciuta. È “La lista. Salvare l’arte. Il capolavoro di Pasquale Rotondi”; a farla rivivere è l’attrice Laura Curino, autrice di storie sin dagli anni Settanta con il Teatro Settimo, gruppo che reinventò il teatro di narrazione e del monologo.

Rotondi (1909-1991), storico dell’arte (fu consulente anche di gallerie e musei pontifici), durante la Seconda guerra mondiale salvò circa 10mila opere d’arte dal saccheggio delle truppe naziste; le fece deporre nella rocca marchigiana di Sassocorvaro. Poi il silenzio, fino al 1984, quando il giovane sindaco del paese Oriano Giacomi scoprì in modo fortuito alcune opere. Rotondi venne finalmente consegnato agli onori; il giornalista Salvatore Giannella, romagnolo d’adozione, mise per iscritto quella storia ricavandone anche un film per Rai Educational.

La lista di Rotondi ha incantato Paola Cimatti e Silvia Brecciaroli, promotrici con Graziano Rinaldini della Festa di Radio3 a Forlì e Cesena. Riflettendo sul 2018 Anno europeo del patrimonio, le organizzatrici hanno voluto produrre il progetto con Formula Servizi per la Cultura, coinvolgendo Gabriele Vacis e Laura Curino dello storico Teatro Settimo. Dopo questa prima assoluta, l’intento è farlo rivivere nei musei, nelle scuole, nei teatri.

Curino, come le è arrivata questa storia di salvataggio dell’arte, e in che modo l’ha tradotta per il pubblico?

«Mi è arrivata come un’illustre sconosciuta da Silvia e Paola; poi ho incontrato Salvatore Giannella che l’aveva già resa pubblica. La mia passione congenita per l’arte figurativa mi ha spinto così ad accettare la proposta, che mi ha permesso di scoprire un felice intreccio di passione e di arte. Al pubblico cerco di fare capire che, se oggi possiamo visitare decine di gallerie sparse per l’Italia, lo dobbiamo anche alle opere che Rotondi salvò».

Al di là dell’atto coraggioso, cosa è ancora attuale dell’esempio di Pasquale Rotondi?

«Direi il suo senso di responsabilità e di protezione. È necessario, in un Paese come il nostro, diffondere un senso di responsabilità individuale. Perché non possiamo delegare tutto alle istituzioni, a ogni angolo abbiamo esempi di arte e bellezza, è importante dunque una responsabilità diffusa da parte di tutti, per salvare l’arte».

Il torinese Teatro Settimo rappresentò un nuovo esempio di scrittura di narrazione, di cui lei si occupava. Quale modalità porta con sé di quei “formidabili” anni?

«Quella di una scrittura fatta di ascolti, pronta ad accogliere, cosa che mi viene dalla frequentazione del gruppo. Per questo lavoro ho collaborato con Beatrice Marzorati, già mia aiuto regista, e con Federico Negro, che accidentalmente è anche mio marito, e mi ha aiutato nelle ricerche storiche».

In che modo compone i suoi testi?

«Procedo per oralità; comincio dal trasformare una storia in cronologia, elenco i personaggi e di ciascuno la propria storia, quindi giustappongo a quella storica una seconda cronologia di eventi privati; poi comincio a raccontare, e dalla forma orale seguo a scrivere. Al pomeriggio provo, la racconto ai miei collaboratori, ascolto le loro opinioni, e all’indomani mattina aggiusto il mio testo coi loro suggerimenti. Al pomeriggio riproviamo e così via, fra ascolto e scrittura, fino alla stesura ultima che di solito arriva una ventina di giorni dopo il debutto».

È una scrittura d’autore non solitaria.

«È la tecnica che ho imparato nel teatro di gruppo, che non si arrocca sulla propria posizione autorale. Certo il teatro di gruppo è faticoso, costoso, forse per questo molti preferiscono scrivere testi da soli».

Venendo alla radio, cosa la convince di questo mezzo immerso oggi in una società di immagini?

«La radio si sovrappone al quotidiano, dà un valore in più alle nostre giornate. E poi l’etere mi sembra ancora un luogo di libertà, di molteplicità di voci».

Da tre anni dirige artisticamente il teatro Giacosa di Ivrea, città della Olivetti e del suo famoso testo.

«Sono stata coinvolta in continuità con il lavoro che feci sulla città di Ivrea con il Teatro Settimo. L’eredità culturale della Olivetti emerge da una città di 32mila abitanti che risponde attivamente alla variegata offerta teatrale che offriamo. Il pubblico si fida».

A proposito del suo “Olivetti”, il 2018 è l’anno del ventennale dal debutto, lo riporta in tour?

«Non ho mai smesso di rappresentarlo, ogni anno faccio almeno una decina di repliche, ma dopo essere arrivata a 600 ho smesso di contarle».

Alla luce delle proteste del mondo operaio rinfocolatesi negli ultimi tempi, il modello Olivetti è ancora attuale?

«Quel modello è attuale perché si basava su innovazione, ricerca, responsabilità sociale; anche adesso esistono aziende di derivazione olivettiana efficienti che consentono alle persone di lavorare bene. Certo che la rapacità di questo secolo ha fatto sì che la delocalizzazione, l’assenza di responsabilità, i tagli su servizi e ricerca e via discorrendo alla fine mettano in ginocchio le aziende. Quando si parla di libero mercato senza regole, diventa una lotta a chi morde più forte».

Dopo Radio 3 continuerà a raccontare la lista di Pasquale Rotondi in giro per l’Italia?

«Questa è la volontà artistica di un progetto nato dalla travolgente passione di Paola e Silvia, dalla loro autonomia di pensiero, e dall’intraprendenza di reinvestire i profitti in nuove attività culturali; un esempio positivo in un momento in cui si parla di responsabilità sociale dell’impresa. Certo vorrei tanto poter disegnare in scena opere della lista di Rotondi, ma non ne sono capace. E allora dipingo con le parole!».

La festa di Radio 3 venerdì 25 si apre alle 16 con Francesco Guccini e Loriano Macchiavelli per Fahrenheit; a seguire Cestini da viaggio con il geografo Franco Farinelli, la politologa Nadia Urbinati, la coppia Paola Cortellesi e Riccardo Milani, chiude Stefano Bollani. Ingresso libero

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui