Fra il teatro e la città “Polis” collega attori musica e poesia

Rimini

RAVENNA. La locandina di Polis, il nuovo festival teatrale organizzato dalla giovane compagnia ravennate ErosAntEros, è abbastanza eloquente. Una bambina ci guarda con distacco, quasi con nostalgia – la raffigurazione della musica? – Sotto la sua pelle s’intravede una città, il semicerchio gradinato di un teatro antico. Infine, sulla destra, versi sparsi da una delle elegie più commuoventi di Tennyson, “Crossing the bar”. Il disegno di Gianluca Costantini sintetizza i temi che stanno al centro di questo nuovo festival: il legame fra il teatro e la città, da una parte; dall’altra, il filo rosso che collega attore, musica e poesia.

Agata Tomsic e Davide Sacco sono partiti da qui per costruire le quattro giornate che, dal 17 al 20 maggio, arricchiranno la vita culturale di Ravenna: rinnovare il legame fra polis e teatro, valorizzare il lavoro civico dell’attore in rapporto col pubblico, sotto l’egida della libera partecipazione e dell’ascolto di “venerati maestri”.

Vista in quest’ottica, la parabola della programmazione, seppur non originalissima, acquista un senso ben definito: tre spettacoli che tengono assieme recitazione, musica e poesia; un incontro dedicato all’Odin Teatret di Eugenio Barba, maestro e punto di riferimento per la giovane compagnia, coordinato da un grande esperto di teatro come Marco De Marinis; un momento di discussione e scambio di idee col pubblico, in uno dei luoghi più importanti per la storia culturale della città: la Biblioteca Classense.

Si parte il 17 maggio, al teatro Alighieri, con uno spettacolo che ha alle spalle già più di dieci inverni. “La ballata del carcere di Reading”, per la prima volta a Ravenna, vede la partecipazione di tre mostri sacri dello spettacolo: Elio De Capitani firma la regia dell’adattamento di uno dei testi più toccanti di Oscar Wilde, una sorta anticipazione poetica del “De profundis”, recitato da Umberto Orsini e musicato da Giovanna Marini.

Nei giorni seguenti il festival si sposta nel magnifico chiostro grande della Classense: la cisterna del Barbiani farà da pendant per due spettacoli riproposti alla cittadinanza. “1917 Core”, dei padroni di casa, mette assieme la musica di Šostakovic con i versi più belli dei poeti russi della rivoluzione, interpretati da Tomsic: si va da Majakovskij a Esenin, da Chlebnikov a Pasternak, passando per il capolavoro simbolista di Blok, “I dodici”.

A seguire “E’ bal” di Nevio Spadoni: il talento di Roberto Magnani incontra l’estro musicale di Simone Marzocchi. I versi in dialetto s’impastano di una musique concrète arrugginita, cattiva, in questa produzione del Teatro delle Albe che risale al 2016.

A chiudere il festival ci pensa un incontro dedicato all’«ultimo dei maestri del teatro occidentale», com’è stato definito durante la presentazione del festival: parliamo di Eugenio Barba, ovviamente, e del suo Odin Teatret, punto di riferimento per migliaia di compagnie europee. In sala Muratori verrà proiettato il film “La conquista della differenza”, curato nel 2013 da Erik Exe Christoffersen, dedicato proprio all’Odin e al suo maestro.

Info: polisteatrofestival.org

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