«Faccio incontrare in scena due donne geniali del ’700»

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La forza dell’amore per il proprio mestiere, nonostante intorno il mondo cambi, la scienza e la tecnica permettono nuovi inizi, nonostante gli attacchi e i sospetti di chi rimane arroccato nelle proprie secolari posizioni. Due donne, Anna Morandi Manzolini ed Émilie du Châtelet, diverse eppure così simili nella lotta per affermarsi nella società con la loro genialità.

L’interprete Marinella Manicardi – anche regista dello spettacolo teatrale insieme a Federica Iacobelli che andrà in scena questa sera allo Stignani di Imola alle 21 – porta in scena le differenze sociali, culturali e caratteriali di due donne accomunate dall’interesse eccezionale per la scienza, la conoscenza, lo studio facendole incontrare per la prima volta su un palcoscenico dei nostri giorni ambientato però in un giorno di metà Settecento, nell’antico palazzo di Bologna. Ne abbiamo parlato con Marinella Manicardi.

“Nelle mani di Anna”. Manicardi, perché proprio questo titolo?

«Anna è un’anatomopatologa, ovvero una di quelle figure che vediamo nei film polizieschi nei quali attraverso con le autopsie si cercano dettagli per risolvere omicidi o morti non naturali. Anna Morandi Manzolini è stata un’anatomista e scultrice, docente di anatomia all’Università di Bologna, abile realizzatrice di modelli anatomici in cera colorata; in particolare era molto interessata agli organi di senso e di riproduzione. La maggior parte delle corti europee le offrono somme cospicue per collaborare con loro ma lei rifiuterà sempre».

Anna Morandi Manzolini è stata un’anatomista e scultrice bolognese, mentre Émilie du Châtelet, una matematica, fisica e letterata francese, entrambe vissute nel ’700. Perché portare in scena proprio loro?

«Era molto raro che le donne di scienza in quell’epoca potessero insegnare all’università; infatti solo a partire dall’Ottocento le facoltà cominciano a essere aperte anche a loro. Le due che portiamo in scena sono donne che, secondo me, hanno lasciato un segno nella nostra storia. Tra loro c’è Cerusico, un personaggio d’invenzione: aiutante di Anna, chirurgo, cavadenti, barbiere, calzolaio per signora e dispensatore all’occasione di pozioni magiche per il malocchio o la gotta o di filtri d’amore; racconta al pubblico la Bologna del ’700».

Sono due donne molto diverse l’una dall’altra eppure così ugualmente geniali. È d’accordo? In cosa sono simili e in cosa sono così diverse?

«Sono assolutamente d’accordo. Émilie era mondana quanto Anna era schiva, libertina quanto l’altra fedele, aerea dove l’altra era terrigna. Anna proveniva da una famiglia non poverissima; cominciò a scolpire con i suoi zii, facevano sculture in serie per la chiesa. Fin da subito, mostrò di avere una buona mano. È proprio in bottega che conobbe Giovanni, quello che diventerà suo marito, professore di anatomia. Morandi ebbe presto l’occasione di dimostrare le sue capacità di anatomista quando il marito si ammalò, specializzandosi nella dissezione dei cadaveri, tanto da ricevere un permesso speciale per insegnare in sua vece. Émilie era di elevatissimo ceto sociale, tanto che il padre aveva incarichi alla corte del Re Sole. Si costruì nel corso della vita una preparazione di altissimo livello, facendo ricorso a insegnamenti privati e a un confronto dialettico nei salotti dell’epoca con alcune tra le più grandi menti scientifiche dell’epoca. Il suo grande amore fu Voltaire con il quale andò a stabilirsi in una proprietà del marito. Le due donne erano molto diverse l’una dall’altra ma altrettanto simili per l’amore per la conoscenza, oltre per la tenacia, la determinazione e la passione per l’insegnamento».

Non sappiamo se le due donne si siano mai incontrate. Perché farle “incontrare” su un palcoscenico?

«Ci sembrava molto interessante ipotizzare e mostrare un loro possibile incontro, a dimostrazione di come la forza di due donne sia straordinaria».

La loro forza è sicuramente nella comune passione per il proprio lavoro, nel desiderio di trasmetterlo, nell’indipendenza delle idee da difendere contro tutto e tutti. Anche lei ama così visceralmente il suo lavoro?

«Sì. Il mio è un mestiere meraviglioso. Scrivo i testi che porterò in scena; molto spesso è rischioso ma ne vale davvero la pena».

Qual è la vera forza delle donne, secondo lei, nel periodo storico che stiamo vivendo?

«La tenacia e il non farsi mai abbattere dalle delusioni. Credo che la strada per la conquista completa sia ancora molto lunga ma ritengo che tutte dovremo essere orgogliose di quello che le donne prima di noi hanno fatto. In 150 anni abbiamo fatto passi enormi, conquistando la bellezza dell’indipendenza e dell’autonomia».

Oltre che essere in scena, è anche la regista di questo spettacolo. Chi è Marinella Manicardi?

«Sono molto curiosa. Mi identifico molto nell’indipendenza che le donne sono riuscite a conquistarsi. Mi piace stare in scena perché mi permette di scoprire nuove visioni e possibilità. Il teatro è rigore e disciplina. Amo conoscere e guidare altri attori».

Com’è nata la passione per questo mestiere?

«Tutto è nato in maniera casuale. Su suggerimento di un mio professore all’università, ho partecipato a un corso di teatro. È stato proprio lì che ho conosciuto il drammaturgo Alberto Gozzi che mi ha voluto per lo spettacolo “L’altro mondo”; la regia era affidata al fratello Luigi che poi diventerà mio marito».

Cosa vorrebbe arrivasse agli spettatori che verranno a vedere il suo spettacolo?

«Stupore per la genialità di due grandi donne, divertimento ma anche qualche spunto di riflessione».

Biglietti da 11 a 22 euro.

Info: 0542 602610

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