Malatesta sulle tracce degli Antichi nella Rimini del ’400

Rimini

RIMINI. I Malatesta sono da sempre sotto i riflettori, almeno dai tempi di Dante. E da sempre hanno suscitato l’attenzione di specialisti e non. Una copiosa messe di studi e di pubblicazioni, che ha avuto un’accelerazione negli ultimi tempi, in concomitanza e per impulso delle iniziative promosse dal Comune di Rimini per “I 600 anni di Sigismondo Pandolfo Malatesta. La nascita dell’Umanesimo”.

Tra dubbi e certezze

Molto dunque si continua a scrivere su Sigismondo, e sui suoi interessi e le sue frequentazioni. Su diversi punti si è fatta chiarezza ma altri aspetti rimangono ancora in ombra. Incerti, ad esempio, sono i rapporti diretti con personalità fondamentali come Leon Battista Alberti e Giorgio Gemisto Pletone. Nonostante una diffusa vulgata, non vi è infatti alcuna prova sicura che i due siano stati fisicamente a Rimini presso il Malatesta, anche se il loro magistero, direttamente o indirettamente, ha influenzato rispettivamente la fabbrica del Tempio Malatestiano e il pensiero e le riflessioni filosofiche alla corte del Signore. Lo testimoniano, se non altro, le spoglie mortali del filosofo bizantino, recuperate da Sigismondo nel 1465 nel corso della sua spedizione-crociata in Morea e raccolte in un’arca esterna del Tempio, con una bella iscrizione in latino che si deve a Roberto Valturio, letterato e principale consigliere del Malatesta, come aveva già intuito Augusto Campana e ha ora brillantemente dimostrato Monica Centanni, nel suo contributo negli Atti del convegno.

Sigismondo e gli Antichi

I lavori contenuti nel volume “Gli Antichi alla corte dei Malatesta” (Atti del convegno internazionale svoltosi a Rimini nel giugno 2016), che riguardano i più svariati campi e arti che animarono la fioritura rinascimentale (ancor più che propriamente umanistica) della Rimini sigismondea e che sono corredati da un ampio apparato iconografico, incentrano l’attenzione dunque sul rapporto di Sigismondo con gli Antichi. Ne emerge un’immagine del Malatesta non legata stancamente a ricerche sì fondanti, ma ormai datate, oppure a suggestioni e confronti indimostrabili. Sigismondo e la sua corte intrecciarono un rapporto costante, riverente e al tempo stesso dialettico con il mondo classico, in linea con la tendenza tipica del periodo (da Leonello d’Este al papa Niccolò V, dalla corte aragonese ai Bentivoglio a Bologna), ma anche con peculiarità e tratti assolutamente originali.

Una corte singolare

Da questo punto di vista, la Rimini di metà Quattrocento è solo parzialmente comparabile, in particolare, con le vicine corti sia di Malatesta Novello, fratello bibliofilo di Sigismondo, sia di un altro bibliofilo altrettanto illustre, Federico da Montefeltro.

Un colloquio con l’Antico, declinato in tutte le sue forme e non senza fraintendimenti e ingenuità, che testimonia una vitalità e una curiosità intellettuale inesauste alla corte riminese, soprattutto tra il 1446 e il 1457 (anni cruciali, segnati rispettivamente dal ritorno di Valturio a Rimini da Roma, e dalla morte di Basinio da Parma, principale poeta di Sigismondo).

Tra Scipione e Alessandro Magno

Si potrebbe quasi affermare che il Malatesta era suggestionato, se non addirittura “ossessionato” dal confronto con i grandi protagonisti del passato, a cominciare da Scipione l’Africano, e dal rapporto imitativo, quasi parossistico, addirittura con Alessandro Magno (così si legge nel De re militari di Roberto Valturio, autentico palinsesto di citazioni di autori greci e latini, ma anche di opere di Petrarca, ancora in gran parte da esplorare).

Questo interesse febbrile per l’antichità si riverbera nella produzione letteraria, epigrafica, numismatica e artistica alla sua corte, per non parlare del Tempio Malatestiano, esempio sommo del Rinascimento italiano.

Giampaolo Dossena, nella sua ironica Storia confidenziale della letteratura italiana, ha scritto che «tutto il Tempio ha qualcosa di empio», riprendendo le parole di fuoco di uno dei grandi nemici di Sigismondo, Pio II.

Le critiche di Pio II

Oggetto delle critiche del Papa era il rapporto con il passato classico, costantemente presente nella rinnovata chiesa di San Francesco, in una selva di citazioni e criptocitazioni, allusioni e riferimenti al mondo greco-romano (ma anche alla tradizione veterotestamentaria e patristica) che gli autori del volume mettono in luce con originalità e rigore scientifico. Basti solo pensare alla rappresentazione delle sibille e dei profeti, nella cappella della Madonna dell’Acqua (come illustra Alessandro Giovanardi) o alla cappella dei Pianeti e a tutta la tradizione astronomica sottesa (e riflessa anche negli Astronomicon libri di Basinio, secondo quanto documenta Anna Gabriella Chisena).

Per una Rimini sigismondea

L’auspicio, o il votum, per riprendere un termine tutto sigismondeo, è che i fermenti culturali che animano le celebrazioni del Signore di Rimini non cessino il 9 ottobre 2018, ricorrenza della morte del Malatesta, ma costituiscano la premessa per un interesse per Sigismondo e il suo tempo supportato in modo duraturo e autorevole dalle istituzioni.

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