La formica che salva il mondo: Yunus e un mondo a tre zeri

FORLì. È noto in tutto il mondo come «il banchiere dei poveri»: Muhammed Yunus, Nobel per la pace 2006, l’inventore del meccanismo geniale del microcredito, è ospite oggi del Campus dell’Università di Forlì, in una intensa mattinata che apre le porte a nuovi sviluppi anche per la stessa Alma Mater.

Una intensa giornata

Alle 10 infatti, al Teaching Hub di viale Corridoni, sarà lo stesso Yunus a inaugurare lo Yunus Social Business Centre dell’Università di Bologna a Forlì, alla presenza di Félix San Vicente, presidente del Campus di Forlì, Francesco Ubertini, rettore dell’Università di Bologna, Maurizio Sobrero, direttore del Dipartimento di Scienze aziendali, e Giuseppe Torluccio, che assume la direzione dello Yunus Centre emiliano-romagnolo. A seguire lo studioso bengalese terrà la lectio magistralis “A world of three zeros” (il suo libro Un mondo a tre zeri è in uscita per Feltrinelli).

Tra realtà e utopia

Docente di Economia, nato a Chittacong, Yunus fu capace, nei lontani anni Settanta, di mettere a fuoco la profonda discrepanza fra le teorie economiche che lui stesso insegnava (dal 1969 al 1972 alla Middle Tennessee State University) e la realtà di Paesi poveri come quello da cui proveniva. Nel suo libro, intitolato appunto Il banchiere dei poveri, Yunus riporta infatti i casi di piccoli e piccolissimi imprenditori, impossibilitati a proseguire le proprie attività o a ricavarne un guadagno ragionevole, dall’esosità dei prestiti che erano costretti a chiedere.

Sùfia e le altre

Tornato in Bengala, insieme ai suoi studenti, Yunus iniziò allora a percorrere le strade del Paese, rilevando casi paradossali come quello delle donne del villaggio di Jobra, vicino all’Università di Chittagong: Sùfia Begùm, per ottenere il bambù con il quale realizzava mobili e sgabelli, otteneva un prestito quotidiano di cinque taka. Il prodotto le veniva pagato cinque taka e cinque paisa, con un guadagno giornaliero equivalente a 2 centesimi di dollaro. Impossibile dunque, per queste donne, riscattarsi dalla povertà a fronte di un lavoro quotidiano durissimo e incessante. Sùfia e le altre non potevano neppure trovare appoggio nelle banche tradizionali, per nulla interessate al finanziamento di progetti tanto piccoli, con basse possibilità di profitto, rischi elevati e, soprattutto, gestiti da donne.

La svolta del 1976

Il professore decise quindi nel 1976 di intraprendere un nuovo progetto, la Grameen Bank, concedendo prestiti ai singoli e alle comunità (il primo fu di 27 dollari!) per innescare processi virtuosi e sottrarre i piccoli imprenditori al ricatto. L’insolita banca concedeva i suoi crediti basandosi infatti non sulla solvibilità, ma sulla fiducia: l’idea ebbe un successo travolgente, e da allora più di 5 miliardi di dollari sono stati erogati a oltre 5 milioni di richiedenti.

Prima le donne

Il successo della Grameen ispirò numerosi altri esperimenti del genere nei Paesi in via di sviluppo ma anche nelle economie avanzate: e molti di questi progetti si sono volti rivolti al finanziamento di imprese femminili visto che, come Yunus rilevò, i profitti realizzati dalle donne, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, sono più frequentemente destinati al sostentamento delle famiglie.

La concessione del microcredito viene accompagnata dall’istituzione di “gruppi di solidarietà” che garantiscono il rientro delle somme prese in prestito, sostenendo i singoli e realizzando politiche di responsabilità solidale.

«In Bangladesh, dove non funziona nulla – disse una volta Yunus – il microcredito funziona come un orologio svizzero!».

Pure i colossi vi si sono ispirati

Anche la Banca Mondiale ha cominciato ad avviare progetti simili per promuovere lo sviluppo economico e sociale dei Paesi più arretrati, visto che le ricadute di questa modalità operativa interessano non solo lo sviluppo diretto dell’economia dei singoli, ma anche una responsabilizzazione che forse la storia di molte di queste aree non ha permesso di elaborare in maniera adeguata.

Una «economia possibile»

A Forlì, Yunus (già Premio Artusi 2001) parlerà di tutto questo, di una «economia possibile» anche per i Paesi e per gli strati sociali più svantaggiati del mondo: un’azione non umanitaria, ma di stampo profondamente politico rivolta a tutelare la pace di un mondo messo sempre più a rischio dalla povertà e dalle tante disuguaglianze.

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