“Deja V.” in nove brani un volo retrospettivo in un nuovo orizzonte

Rimini

RIMINI. La sua non è solo una delle voci più intense, profonde e dotate della musica italiana, ma un’anima in curiosa e perenne ricerca, un universo, un magma creativo in continuo divenire tra la musica e la performance. Parlare con NicoNote (alias di Nicoletta Magalotti, cantante e performer riminese classe ’62) significa addentrarsi in una miriade di mondi musicali, di possibilità creative, di paralleli espressivi. Tra questi, e prima degli altri, quelli dei Violet Eves, il gruppo riminese che fu la punta di diamante della scena wave italiana negli anni Ottanta insieme a Litfiba e Diaframma, e che oggi torna improvvisamente al centro della scena con due differenti progetti discografici.

Un loro brano, Listen over the ocean, è appena stato inserito nella prestigiosa raccolta europea Uneven paths, deviant pop from europe 1980/1991, a cura del guru musicale Jamie Tiller.

A loro sarà interamente dedicato anche il nuovo disco di NicoNote, Deja V., la cui uscirà è prevista prima dell’estate.

«Trent’anni in trenta minuti», è la stessa NicoNote ad anticiparci, condensandolo in una frase, quello che vuole essere, «un tuffo, un volo retrospettivo ma in un nuovo orizzonte, portare alla luce l’essenza di quelle canzoni, qui e ora. Ci saranno nove brani scelti tra il repertorio composto da me, insieme al gruppo, tra il 1984 e il 1988. Pur durando poco – ricorda Magalotti – i Violet Eves furono una band seminale, un progetto unico e particolare, una tappa importante del mio percorso artistico che iniziò, a quei livelli, proprio insieme a loro. Non a caso la direzione artistica di Deja V. sarà proprio di Renzo Serafini, chitarrista del gruppo che produrrà il disco con la sua Matfactory».

Se questo è il futuro prossimo di NicoNote, oggi è ancora impegnata in vari ambiti di ricerca, studio e contaminazione; un tema che accomuna questa fase è il rapporto tra voce e paesaggio, di cosa si tratta?

«Si chiama proprio In the mood for landscape la co-creazione a cui sto lavorando con la compositrice e pianista austriaca Elisabeth Harnik sul tema del paesaggio interiore ed esteriore. Cinque movimenti per una avventura nata dall’incontro tra due donne artiste, sul percorso di ricerca tra suono, voce e parola poetica, come quella di Holderlin. Un progetto già presentato in contesti e festival di ricerca in Austria, a Graz e Vienna».

Il paesaggio è anche al centro dei workshop residenziali che terrà il 9 e 10 giugno ad Onferno, sulle colline riminesi, all’interno del festival “A passo d’uomo”.

«Sarà un’esperienza simbiotica con il paesaggio. La voce come elemento che più di ogni altro ci fornisce la forza di agire e di esprimerci, di trasmettere l’emozione del nostro corpo nel suo contesto ambientale; nel workshop saremo immersi in questa esperienza vocale e sensoriale, un percorso».

Dal 6 all’8 maggio sarà invece protagonista al “Music inside festival” di RImini, in quale veste?

«Curerò insieme al giornalista e critico musicale Pierfrancesco Pacoda il Mir music square, uno spazio live – a cura di Doc servizi – di incontri, musica e conversazione con autori e musicisti diversi e trasversali come, ad esempio, Antonio Aiazzi, uno dei membri storici dei primi Litifiba, o Cecilia, arpista che accompagna Max Gazzè».

Cosa lega queste esperienze così diverse?

«Sono attratta da persone che hanno un percorso artistico aperto al dialogo e alle contaminazioni, anche quelle che, per formazione e storia, sono diversissime da me. Con alcune, ad esempio, sento un grande feeling artistico ma nessun desiderio di andarci a prendere un caffè insieme. Amo spaziare in ambiti differenti, con lavori anche molto diversi tra loro, è nel mio dna».

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