Una magnifica Clara Schumann per un romantico Robert

Rimini

CESENA. Al teatro Bonci, sabato 14 aprile alle 21, arriva un “concertato” di musica e passione, di amore e vita, di una coppia d’arte che ha segnato la storia del grande periodo romantico musicale: Clara e Robert Schumann. A porgerlo su di un pentagramma che intreccia musica e voce sono l’attrice Sonia Bergamasco & il trio Estrio (Laura Manzini pianoforte, Laura Gorna violino, Cecilia Radic violoncello) nello spettacolo Pochi avvenimenti, felicità assoluta-scena da un matrimonio, con la scrittura originale della poetessa e scrittrice Maria Grazia Calandrone, e musiche di Clara e Robert Schumann. Con sensibilità femminile il lavoro approfondisce la personalità gigantesca della tedesca Clara Schumann (1819-1896); talentuosa e combattiva, riuscì a farsi ammirare come interprete pianistica e compositrice, fu la prima sostenitrice della musica del Robert, genio tormentato, lo incoraggiò fino all’ultimo, lo difese strenuamente contro ogni critica. Con lui ebbe sette figli che allevò da sola dopo la precoce morte del marito.

È davvero una figura esemplare Clara Josephine Wieck Schumann.

«Lo è – risponde Sonia Bergamasco –. Avevamo desiderio di mettere a fuoco la sua figura straordinaria che ha cavalcato con intensità e durezza quell’Ottocento non facile per una donna come lei. Clara e Robert sono stati una monade, hanno prodotto arte e vita insieme come unica entità. E hanno dovuto lottare per fare passare quella che noi oggi chiamiamo tradizione».

Perché avete preferito una scrittura originale?

«Non ci convinceva raccontarla attraverso lettere e documenti. Abbiamo cercato di ridisegnare Clara e Robert affidandone la scrittura alla valente Maria Grazia Calandrone. A partire dai documenti ne ha tratto un racconto di scena molto poetico, ma in prosa. Immagina Clara che va a trovare Robert per l’ultima volta in ospedale, lui è muto, sta per spegnersi, e lei gli racconta di loro due. Io intono la voce di Clara che è in controcanto rispetto alla voce di Robert; questi rivive e respira attraverso la musica; Estrio prende le parti di Robert eseguendo musiche sia di lui che di Clara».

Qual è la nota distintiva di questa nuova composizione “per Clara”?

«Pure scritta in prosa, si avverte l’appartenenza poetica di Calandrone, nel respiro con la musica. L’uso empatico delle parole, la limpidezza fluida del discorso, si avvicinano alla fluidità musicale. Credo che il valore aggiunto stia nel punto di vista ritmico che lega musica e poesia in un respiro comune che il pubblico percepisce».

Lei come si pone nella doppia veste di attrice e, prima ancora, di diplomata in pianoforte?

«Sento che la mia disposizione naturale di musicista attrice è di mettermi in ascolto e quindi di empatia. Credo sia la chiave giusta: è come se l’altra lingua, la musica, arricchisse la lingua del teatro che io attraverso».

Fra coloro che hanno apprezzato questa sua compenetrazione linguistica c’è stato “il difficile” Carmelo Bene.

«Lui non era musicista, eppure era una creatura musicale che ammirava la musica e i musicisti. Io ero fuggita dal pianoforte, dopo averlo studiato, per motivi personali. Fu una fuga fittizia perché ritrovai la musica nel teatro, e ho capito che la musica è la mia lingua madre. Carmelo me lo disse per primo: Sonia, le tue due lingue devono diventare una, intrecciarsi. Gli ho dato retta».

Ha pure conosciuto Giorgio Strehler, Luca Ronconi, maestri irripetibili, si dice oggi.

«Oggi è in atto un cambiamento, una mutazione delle figure dell’arte; nel teatro viviamo un momento di smottamento, l’attore è anche autore. Il regista demiurgo come lo sono stati quei grandi è una figura ancorata al Novecento, così le compagnie di giro, retaggio di un periodo che non c’è più. Stiamo agendo questo momento, è ancora difficile parlarne».

Sembra assurdo dover parlare ancora, nel nostro Occidente, di diritti, parità, di molestie subite.

«È quanto ha dichiarato il presidente Mattarella quando ci ha ricevuti per i David di Donatello; anch’io ho condiviso il manifesto di “dissenso comune” ma è incredibile che si debba ancora parlare di rispetto, di equità salariale e legale. Ci vorranno anni forse, ma sento che questo è un momento cruciale».

Fortunatamente fa invece solo sorridere la sua Livia come potenziale signora Montalbano.

«Tranquilli, non si sposeranno mai. Tutto il mondo Montalbano vive in una bolla magica di una Sicilia che non c’è, di una terra inventata ancorata a una tradizione del sud e a figure femminili all’ombra di un maschile».

Con suo marito Fabrizio Gifuni sembra invece costruire da molti anni un “mondo” realisticamente possibile. Qual è la forza?

«Non abbiamo mai smesso di parlare, e insieme. Certo, la vita insieme è un mistero, una follia, ogni giorno ci si prova. Detto questo io e lui abbiamo fatto un incontro della vita di cui siamo consapevoli, è un bene prezioso, bisogna averne cura».

Come proseguirà?

«Dopo i miei lavori “Il Ballo” e “L’uomo seme” , sto lavorando a un nuovo progetto su Primo Levi per il 2019, centenario della nascita».

Info: 0547 355959

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