«La mia favola? È cominciata a Rimini. So ridere di me»

SAN MARINO. «Per uno che ha fatto la vita normale, tutto quello che sto facendo adesso è davvero una favola”».

A dirlo è Giovanni Vernia, attore comico dalle molteplici attitudini artistiche, protagonista stasera a San Marino, al teatro Nuovo, con “Sotto il vestito Vernia”, spettacolo autoironico da lui ideato e interpretato in cui trovano spazio anche le parodie, le imitazioni, le canzoni e, soprattutto, la storia della sua vita.

Nato e vissuto a Genova da genitori del Sud, fin da bambino ha manifestato talento per le imitazioni e le gag ma con un padre finanziere si doveva studiare. E così ha fatto diventando ingegnere e lavorando come tale. Ma proprio sul lavoro i colleghi colpiti dalla sua bravura lo hanno spinto a iscriversi a una scuola di improvvisazione, e da lì è partito tutto. Prima i laboratori Zelig on the road di Verona e Rimini, nel 2007-2008, poi la trasmissione Zelig off e quindi Zelig. Diventa notissimo il suo personaggio Jonny Groove, il ventenne ingenuo e stralunato innamorato della disco e dell’house. Sempre nel 2008 esce il suo primo singolo “Essiamonoi” e l’anno seguente compilation e libro. Debutta con uno spettacolo teatrale tutto suo e il successo è tale da essere invitato al Festival di Sanremo, è il 2010. Continua a incidere album, a recitare in teatro e a fare tv, con un pubblico sempre crescente e che fa registrare nei suoi tour il tutto esaurito. Soddisfazione che gli fa dire «non mi passa neanche per la mente di lamentarmi, faccio una vita entusiasmante, amo il teatro perché posso fare tutto!».

Lo spettacolo ha debuttato in autunno a Faenza, com’è il rapporto con la Romagna?

«Ci sono affezionato, essendo di Genova che è agli antipodi! Scherzi a parte, la Romagna mi ha portato bene non solo per questo lavoro, ma anche nella mia carriera perché a Rimini ho cominciato partecipando a Zelig on the road».

Cosa accade sul palco?

«Nelle due ore di spettacolo mi denudo, da qui il titolo. Il fil rouge è la mia vita e nel racconto inserisco i personaggi che imito ma senza travestimento, poi porto in scena l’altra mia grande passione, la musica. Ho accanto Marco Sabiu, direttore d’orchestra forlivese che ho conosciuto a Sanremo quando feci una gag con l’orchestra che lui dirigeva».

Quali sono i personaggi che ha inserito?

«Antonacci, Carboni, Fedez, Mangoni, Jovannotti, Pif passando per la parodia di X Factor e altre situazioni in cui domina il politically correct confrontandomi con quando si poteva usare la parola ladro, oggi invece si deve dire diversamente onesto!».

Quindi emergono tic, difetti, atteggiamenti, spaccati di vita.

«Certo. Il pubblico si ritrova nella mia esperienza con le Asl, con la mania del bio, del fitness, e anche quando racconto a mio figlio delle baby gang, e lo faccio sempre con autoironia. Argomenti di attualità che prendono spunto dal web dove spiego al mio bimbo fatti realmente accaduti come ad esempio la morte dignitosa di Totò Riina».

Con la sua innata cifra autoironica lei lavorando si diverte.

«Come diceva Sant’Agostino: se uno ride di sé non finirà mai di divertirsi. E io mi diverto davvero tanto e sono felice quando gli spettatori mi dicono che hanno riso in modo godereccio ma sono rimasti anche sorpresi dalla satira pungente».

Il pubblico viene coinvolto?

«Sì, ma non voglio svelare le modalità, dico solo che io stesso vado in mezzo agli spettatori che automaticamente diventano protagonisti, ma il tutto accade in modo trasparente e semplice, senza traumi».

E nel futuro?

«Un tour internazionale con lo spettacolo “Basta una notte per diventare italiano”».

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