«Vendere sogni è il nostro mestiere». Good Fellas, 25 anni di gioia e swing

Venticinque anni… e non sentirli. Potrebbe essere il sottotitolo della serata al Naima di Forlì, che saluta il “compleanno” di una band romagnola conosciuta e amata in tutta Italia. I Good Fellas, dalle 22.30, oggi invitano tutti in via Somalia 2 per un concerto a cui prenderanno parte tanti amici: da Ray Gelato a Mike Sanchez, alla cantante Robbie D., la prima donna a salire sul palco con i Bravi ragazzi. La band nasce nel 1993 da un’idea del contrabbassista-bassista “Mr. Lucky Luciano”, alias Stelio Lacchini, e del batterista Fabrice “Bum Bum” La Motta (Fabrizio Casadei). Negli anni la band attraversa moltissimi percorsi, collaborando anche con attori come Aldo, Giovanni e Giacomo, con i quali realizza la colonna sonora del film “La leggenda di Al, John e Jack”.

«Siamo la band più longeva in Italia – commenta con un certo orgoglio Lucky – ma per quanto riguarda il nostro tipo di musica, lo swing mescolato al rock’n’roll, probabilmente siamo fra le band più “vecchie” al mondo. Abbiamo lavorato in tutta Europa, collaborando con grandi comici e partecipando a festival prestigiosi, con picchi di popolarità dovuti al cinema e alla televisione. Ma lo abbiamo fatto sempre con lo spirito della buona orchestra romagnola, con leggerezza e senza prenderci troppo sul serio».

Lei ne parla al passato, però.

«Oggi i social, il cambiamento di desideri delle masse rendono il nostro lavoro più difficile: la gente esce meno di casa non tanto per problemi economici, che in Romagna non vedo, ma per una trasformazione radicale che ci ha imposto la società occidentale. Noi siamo dei romantici e il nostro mestiere sta nel vendere sogni, ma nemmeno questo ci mette al riparo dalla crisi che vive oggi, del resto, qualsiasi artigiano».

Ai “Bravi ragazzi”, che hanno scelto di portare avanti una musica di revival, il terzo millennio non piace…

«Abbiamo avuto dei grandi maestri: da Germano Montefiori, nostro padre spirituale, che mi ha insegnato il ruolo di capo-orchestra, a tanti artisti Usa, o gli stessi Cochi e Renato, nostri padri putativi, che erano in carriera da ancora prima che io nascessi. Aver avuto dei maestri del genere, ci ha segnato e oggi è difficile adattarsi alle richieste di un mondo così diverso da quello in cui siamo nati».

È difficile anche mantenere una formazione di tanti elementi.

«E infatti, sono nate anche band più piccole, “sorelline” che chiedono altri spazi e pubblici diversi, e che si esibiscono sempre mantenendo però la qualità delle nostre performance».

E oggi, i 25 anni!

«Al Naima, sarà un festone! Del resto, le “nozze d’argento” sono una bella tappa, quasi metà della mia vita!».

Ma qual è il segreto della vostra longevità?

«Quello del buon orchestrale, del buon artigiano: conoscere bene il pubblico, e sottoporgli cose che lo fanno distrarre, che gli riempiono la serata. La magia sta nell’essere poco “seri” con se stessi, ed esserlo estremamente con la musica e con gli spettatori, a cui è dovuto il massimo rispetto, visto che investono su di te».

Ma per il “bravo orchestrale” la musica è comunque il “focus”.

«Certo, e le si deve molta attenzione: noi, veniamo dopo. Non per niente siamo informali e ridanciani, sul palco, sempre al limite della burla, anzi, chiediamo al pubblico un “gioioso casino” per l’orchestra. Il nostro non è un concerto di musica classica, dove ogni sfumatura è importante, ma come ci ha insegnato Carosone, è una interazione con il pubblico, che ha altre aspettative e altri bisogni... e li vuole risolvere insieme a noi».

Biglietto: 20 euro

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