Libere tutte... ma ne siamo davvero sicure? «C’è il rischio di passi indietro per molte»

Rimini

RIMINI. Giorgia Serughetti, ricercatrice all’Università di Milano-Bicocca, è l’autrice, insieme a Cecilia D’Elia, di un libro di cui si è molto parlato: Libere tutte. Dall’aborto al velo, donne nel nuovo millennio (Minimum Fax, 2017). Le autrici vi affrontano alcune importanti e delicate questioni di genere che dividono gli stessi movimenti delle donne. Serughetti lo presenterà oggi a Rimini (ore 17.30 Cineteca) per il ciclo Parla con lei.

Perché avete sentito l’esigenza di scrivere un libro come “Libere tutte” proprio in questo momento?

«Ci è sembrato il momento giusto, anzi necessario, per fermarsi a riflettere sulla libertà che le donne hanno conquistato in Italia e nel mondo negli ultimi cinquant’anni, sul protagonismo e la forza delle donne acquisita soprattutto grazie al femminismo, ma anche sulle minacce che gravano sul nostro tempo. Pensiamo alla crescita in Europa di movimenti populisti di destra, o fascisti, che hanno in agenda la cancellazione di diritti come quello di scelta in materia di aborto, e che più in generale promuovono modelli di genere e familiari dove le donne sono in posizione subalterna, o relegate al ruolo di madri e mogli. Ma pensiamo anche alle forze economiche che stritolano la vita di tutti, ma in particolare delle donne, e alle ideologie che fanno passare per libertà quella che non è altro che una logica di mercato. Di fronte a tutto questo non si può non avvertire il rischio che si facciano gravi passi indietro, a danno di tutte le donne, ma in particolare di quelle più colpite da discriminazioni, per esempio per ragioni di “razza”, o perché lesbiche, o povere o migranti. Però abbiamo sentito anche il bisogno di raccontare che il femminismo continua a vivere, che le donne sono ovunque attive nel difendere i loro diritti e nel conquistarne di nuovi. Perciò nel libro raccontiamo la Women’s March negli Stati Uniti, ma anche Non Una di Meno, le manifestazioni delle donne polacche contro la stretta legislativa sull’aborto, e molto altro ancora».

Affrontate questioni molto delicate e divisive, anche all’interno dei movimenti delle donne, come il velo, la prostituzione o la Gpa, cercando di trovare una “terza via”, che non sia né totalmente libertaria né, d’altro canto, repressiva. Crede sia possibile arrivare a una sintesi? E quale?

«Noi eravamo insoddisfatte delle posizioni che leggevamo in giro, perciò abbiamo cercato una strada alternativa – né liberal-liberista né proibizionista – su temi come la prostituzione o la gestazione per altri. Ma non pretendiamo che sulla nostra posizione convergano le posizioni in conflitto, che sono oggi molto distanti e polarizzate anche all’interno del movimento delle donne. Abbiamo soprattutto proposto un metodo, per tutte le “contendenti” che hanno a cuore la libertà delle donne e la lotta contro oppressione e sfruttamento: ascoltarsi e leggersi reciprocamente con attenzione e senza pregiudizi, prendere sul serio le ragioni dell’altra, e poi non avere la presunzione di parlare al posto delle altre donne, soprattutto di quelle descritte come “vittime”, ma avere la volontà e la capacità di dare loro spazio e voce. Noi sosteniamo che si devono evitare due errori: uno, l’errore di guardare le donne, soprattutto a quelle “altre” – le migranti, le donne del Sud del mondo, o quelle musulmane – solo come vittime passive, incapaci di agire autonomamente e consapevolmente; due, l’errore di pensare che per chiamare una scelta “libera” basta che non ci sia una pistola puntata alla tempia. Noi pensiamo che si debba riconoscere la capacità delle donne di agire, e al contempo non perdere di vista i contesti, i problemi, i condizionamenti, che sono tanto materiali quanto culturali, e che fanno della libertà delle donne una questione complessa».

In che cosa la società, in particolare quella italiana, è carente? Da dove bisognerebbe ripartire?

«Direi che i temi principali oggi sono il lavoro e il reddito. Non solo per le donne ovviamente, vale per larghe fasce della società (basta vedere com’è andato il voto nel Meridione alle ultime politiche), ma non c’è dubbio che le donne subiscano in modo particolarmente grave gli effetti della crisi, con un’occupazione ancora molto bassa e molto inferiore a quella maschile, redditi insufficienti, e quasi tutto il lavoro di cura sulle loro spalle. Un altro grande tema è la violenza di genere. Su questo il movimento delle donne ha lavorato moltissimo negli ultimi anni e non c’è dubbio che la consapevolezza è cresciuta, insieme ai tentativi di risposta da parte politica. Ma le donne continuano a morire per mano maschile, una ogni due-tre giorni, e se non si mette mano in modo sistematico al problema sarà impossibile interrompere questa scia di sangue. Anche in questo senso il lavoro e l’autonomia economica delle donne sono essenziali, perché possano decidere di uscire da una relazione violenta e poter ricominciare o continuare la propria vita».

“Libere tutte”, tra i molti altri pregi, ha due indubbi meriti: è un volume divulgativo e scorrevole, che riassume piacevolmente decenni di storia dei movimenti, ed è inoltre corredato da molte citazioni e da una ricca bibliografia. Se dovesse consigliare un volume imprescindibile a una ragazza che si volesse apprestare ad affrontare queste tematiche, quale sarebbe?

«Noi ci siamo accorte, scrivendo il libro, che a ogni passo tornavamo a Il secondo sesso di Simone de Beauvoir, un libro davvero inesauribile e che continua a essere di grande attualità, sia quando descrive i molti volti della situazione femminile – la donna sposata, la madre, la prostituta – ma anche quando si interroga su quel che impedisce alle donne di ribaltare la propria posizione, e cerca di indicare la via per una possibile liberazione. È un libro molto denso, e molto lungo, ma non è necessario leggerlo per intero: anzi, può essere davvero interessante provare a scegliere tra i temi trattati nei diversi capitoli quello che appassiona di più e partire da lì».

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