Sara Di Pietrantonio, il volto familiare e agghiacciante del femminicidio

Rimini

RIMINI. Nasce dalla collaborazione con il giornalista e autore televisivo Stefano Pistolini l’ultimo lavoro di Massimo Salvucci, filmaker riminese d’adozione, nel suo curriculum lavori al fianco di affermati artisti e autori italiani, nonché opere firmate in proprio.

Il titolo è secco: “Sara”. Un nome dolce, ma un pugno allo stomaco. “Sara” è un documentario prodotto da Discovery Real Time Tv, trasmesso in anteprima in tv su Real Time il 25 novembre 2017, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Lo scorso 8 marzo, invece, è stato presentato da Massimo Salvucci all’Istituto di Cultura Italiana di Algeri, nell’ambito di una iniziativa legata alla celebrazione della giornata delle donne, a un pubblico in prevalenza femminile che lo ha accolto con grande partecipazione emotiva.

Una storia emblematica

“Sara” è un documentario attento, un video-racconto polifonico, che riesce a evitare la retorica di tante inchieste televisive, pur trattando un tema così abusato come il femminicidio, attraverso una storia emblematica: quella di Sara Di Pietrantonio, studentessa 22enne uccisa nella notte del 28 maggio 2016 dall’ex fidanzato, la guardia giurata Vincenzo Paduano, all’epoca 28enne, condannato all’ergastolo per l’atroce delitto.

Il documentario, cui è valsa una menzione speciale per la regia ai Nastri d’argento 2018, è stato fortemente voluto dalla mamma di Sara Di Pietrantonio, Concetta Racuia.

Alla base del film, un robusto lavoro giornalistico a cura di Daniele Autieri, Stefano Pistolini e Giuseppe Scarpa, mentre la regia è dello stesso Stefano Pistolini insieme a Massimo Salvucci.

«Sarà è un documentario d'inchiesta, dallo stile secco – spiega Salvucci – senza compiacimenti formali». La vicenda dell'assassinio di Sara Di Pietrantonio viene ricostruita attraverso le testimonianze di tutti i protagonisti: dalla madre di Sara alle amiche, al giovane nuovo fidanzato con cui la ragazza aveva finalmente potuto assaporare, seppure per breve tempo, la gioia di una relazione amorosa aperta e sana.

Davanti alla telecamera, guidati dal giornalista Giuseppe Scarpa, parlano anche Luigi Silipo, il capo della Squadra Mobile che si occupò delle indagini, ma soprattutto la commissaria capo Maurizia Quattrone, che accompagna la troupe sui luoghi del femminicidio, nella periferia romana, in via della Magliana; e poi l’avvocata di parte civile Stefania Iasonna, la psichiatra Barbara Pelletti, mentre nel finale si assiste anche all’incontro della madre di Sara con la presidente dalla Camera Laura Boldrini, in occasione della presentazione del film in Parlamento. E poi compare lui, l’ex fidanzato Vincenzo Paduano, nei filmati che documentano gli interrogatori dei magistrati all’indomani del delitto, forniti agli autori dalla Procura di Roma.

Evitato il rischio morbosità

“Sara” è un documentario di 62 minuti che arriva dritto a cuore e cervello con la precisione di una lama affilata.

«Non è stato facile trovarsi coinvolti in questo lavoro – confessa Salvucci –. Il rischio grande, temibilissimo, era quello di cadere nella morbosità di certa docu-fiction televisiva che spettacolarizza la tragedia. Invece trovo che il risultato sia un lavoro rigoroso e giornalisticamente impeccabile. È stata anche un'occasione per conoscere un gruppo di donne di grande valore, tra cui Tina, la madre di Sara, straordinaria nella sua dignità e lucidità».

“Sara” si chiude con tutti i protagonisti del video-racconto che, in carrellata, invocano: «Basta femminicidi. Mai più Sara».

Già: mai più.

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