«"Trascendi e sali" è un lavoro orizzontalmente verticale»
CATTOLICA. Il Teatro della Regina di Cattolica è onorato di ospitare oggi la nuova produzione, la quindicesima, di Alessandro Bergonzoni.
«Lo spettacolo abbandona finalmente il titolo provvisorio “Sii” e diventa Trascendi e sali», come ci racconta l’attore stesso.
L’allestimento, diretto da Bergonzoni insieme a Riccardo Rodolfi e prodotto da Allibito, sta infatti inanellando una serie di anteprime in attesa del debutto ufficiale che si terrà in luglio a Milano.
Definire Alessandro Bergonzoni non è facile: attore, scrittore, comico, autore, performer dell’assurdo, affabulatore non sense, artista, pittore, mattatore assoluto del palcoscenico. Una delle voci più conosciute dello spettacolo italiano. Questa nuova produzione rappresenta un ulteriore approdo del suo folgorante percorso: l’esplorazione linguistica e l’assurdo come mondo comico sono le chiavi di lettura attraverso le quali ancora una volta l’artista ci guida nel suo mondo stravagante fatto di giochi di parole con un ritmo che non dà tregua allo spettatore.
Bergonzoni, cosa accadrà durante questo nuovo spettacolo?
«“Trascendi e sali”, come indica già il titolo, è un lavoro orizzontalmente verticale e anche a livello scenografico gioca sulla perpendicolarità. Metaforicamente non cerco di nascondere quanto di nascondermi per contrastare la visibilità, che è un grosso problema di oggi. Mi sono posto delle domande e mi sono soffermato sull’inchiesto, cioè su quello che non ci siamo mai chiesti. C’è la necessità e la richiesta di salire e vedere le cose dall’alto, da dove si vedono meglio. Come nei precedenti spettacoli persiste la surrealtà e aumenta il bisogno di analizzare in maniera serratissima, con un’ossessività senza precedenti, lasciando lo spettatore quasi senza respiro: c’è un continuo up e down tipico delle sostanze (alcool, droghe, eccetera) che qui è abbinato al respiro e all’esistenza».
Si ricorda in che momento è nata la sua passione per la parola?
«Penso dai tempi del liceo. Credo che sia la parola stessa a interrogarci da sempre: mi sentite? Sentite veramente il significato andando oltre il senso dell’udito? Sicuramente il mio primo incontro con la parola è stato quando ho iniziato scrivere. Questo mi ha permesso poi di arrivare alla scena e senza la scrittura sarebbe stato impossibile, anche se ora faccio fatica a scinderle».
Invece l’arte visiva dove l’ha portata?
«L’arte mi ha permesso di trovare una via d’uscita verso l’alto per trascendere. Nella mia ultima performance Corpi del (c)reato rifletto sulla salvaguardia dell’uomo dallo Stato e la particolarità è che la allestisco solo in musei statali. Con l’arte ho lavorato su di me ed è cambiato il bisogno di domandare, di chiedermi, facendomi danzare con me stesso».
Nella sua attività è sempre stato attento anche ai temi sociali.
«Sì, quest’anno “La casa dei risvegli – Luca De Nigris” (centro neuroriabilitativo di cui è testimonial da tempo, ndr) compie vent’anni e faremo una festa importante. Il sociale riguarda tutto, anche un semplice sguardo che abbiamo verso un’altra persona. Spesso sentiamo parlare delle malattie dai diretti interessati quando vengono colpiti: io me ne voglio occupare già prima che un problema possa eventualmente coinvolgermi. Sono sensibile al dolore di certi genitori che dovrebbero essere adottati per poterli aiutare a sostenerlo (penso ad esempio a quelli di Giulio Regeni). Anche con l’arte dobbiamo essere tutti questi casi. Con la potenza della trascendenza bisogna salire in alto per vedere tutto, fino a Damasco, e raggiungere i nostri “vicini di cielo”».
Un commento a caldo alla luce delle ultime elezioni?
«Sicuramente è scoccata una scintilla, c’è stato un cambiamento di carte sul tavolo nuovo a livello storico. Spero che ogni persona riesca a trovare il proprio governo e che possano subentrare l’arte, la poesia e la bellezza modificando il linguaggio e il modo di porsi della politica. I ministeri hanno solo qualche lettera in più dei misteri e non si può pensare che siano distinti l’uno dall’altro. I fatti recenti di Macerata, per esempio, riguardano anche l’istruzione e la cultura, è inevitabile che sia così. Siamo una società attaccata al concetto di visualizzazione in attesa di una risposta su un social network ma ci manca la vera visione della realtà».
Buio in sala alle 21.15
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