"Quaderni piacentini", pagine in rete

FORLÌ. Franco Fortini e Renato Solmi, Michele Salvati e Grazia Cherchi… nomi di intellettuali italiani che hanno elaborato grandi “visioni” per il nostro Paese: tutti, e molti altri ancora, scrissero su quei Quaderni piacentini che oggi la Biblioteca Gino Bianco di Forlì è riuscita a mettere a disposizione di tutti digitalizzandoli.

«Anzi, della rivista, che iniziò le pubblicazioni nel 1962 – spiega Gianni Saporetti, della Fondazione Alfred Lewin che gestisce la Biblioteca – non avevamo neppure tutti i numeri. Ci siamo messi in contatto allora con Piergiorgio Bellocchio, il fondatore, e con l’associazione Piacenza Città Comune che ci hanno permesso di completare la vecchia e la nuova serie, fino al 1984».

Che valore e che obiettivo vi date con questa operazione?

«Intanto ci vogliamo collegare all’anniversario del ’68, mettendo in rete riviste di quel periodo. Quaderni piacentini però ha un ruolo a sé. Era infatti una realtà eterodossa rispetto alle ideologie imperanti, ma forse proprio per questo aspetto anche la più bella. Bellocchio ne aveva fatto un “luogo culturale” plurale, pur all’interno del movimento, con tante voci di intellettuali capaci di raccontare pezzi diversi e inediti di realtà. Anche per questo siamo orgogliosi di un’impresa non semplice: i numeri 1 e 1 bis, per esempio, non esistono più, e ne abbiamo potuto pubblicare solo una versione ciclostilata. Nondimeno siamo contenti di essere riusciti a mettere i Quaderni a disposizione di lettori in tutto il mondo».

Avete avuto riscontri, infatti, di questa vostra fatica?

«Moltissimi messaggi di congratulazioni, e l’incoraggiamento a proseguire con la digitalizzazione di altre riviste legate a quel periodo».

E qual è il target a cui vi rivolgete?

«A noi piacerebbe che ne usufruissero ancora più largamente le scuole, i docenti… Invece molti dei commenti che riceviamo vengono dall’università, dall’ambiente dei ricercatori. Ecco, questo potrebbe essere un auspicio: che il nostro lavoro permetta anche a chi non fa parte dell’accademia di sfogliare queste riviste attraverso il proprio computer, da casa, anche senza un obiettivo di indagine mirato».

Un vero dono alla comunità.

«Sì, perché ognuno possa usufruire delle 80mila pagine già in rete e delle altre che seguiranno, e possa constatare dagli articoli e dai saggi pubblicati quali fossero i problemi di “quella” Italia e quanto hanno fatto da terreno di coltura per le difficoltà di “questa”: un contributo prezioso per il sapere, e anche una emozione».

www.bibliotecaginobianco.it

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