Le maschere di René Gruau, il grande evocatore

Rimini

È carnevale, tempo di maschere. L’anonimato che garantiscono una volta indossate rende più disinvolti, simpatici, affascinanti, misteriosi. In altre parole, le maschere permettono di recitare e fare teatro. Figure mascherate compaiono nelle opere di tantissimi artisti, tra questi René Gruau, Renato Zavagli Ricciardelli delle Caminate (Rimini 1909 – Roma 2004), l’opera grafica del quale è principalmente legata alla committenza pubblicitaria.

Uno dei tanti elementi che la contraddistinguono e la rendono vincente, a parte l’eleganza, la semplicità del segno, è la capacità unica di evocare il prodotto piuttosto che riprodurlo. In questa sua operazione, la maschera gioca un ruolo di non poco rilievo. Il trucco dell’occhio per valorizzare lo sguardo rappresenta buona parte del make-up del viso. All’inizio degli anni Cinquanta, per promuovere la linea di Dior, Gruau rivela il suo genio grafico disegnando la protagonista dell’affiche mentre si porta al viso una graziosa maschera nera dalla quale risaltano due penetranti iridi verde mare che fissano l’osservatore: semplicità e fascino, intrigo e mistero. Anche l’allegra giullare del 1953, realizzata per il francese Fred Carlin, porta una mascherina in aggiunta alla sciarpa nera con il campanellino e un campionario di foulard ai quali sono appesi i sonaglietti.

Nello stesso anno Gruau mette la maschera all’accattivante sfinge che disegna per la maison Jean Dessès e nel 1954 è quella da volpe che impiega per reclamizzare le “Pellicce primaverili”. Negli anni Sessanta disegna la dama avvolta in un ampio mantello rosso con il cappuccio dal quale emerge il viso mascherato per promuovere la linea di profumi di Christian Dior: una immagine solenne e molto “veneziana”.

Nel decennio successivo la maschera compare spesso come elemento complementare oppure è essa stessa il soggetto della sua produzione. Nell’importante collezione di opere donata dall’artista a Rimini, oggi raccolta nel Museo della Città, figura “Ballerina con maschera rosa”. La scena è dominata dal lembo sollevato del grande mantello nero con i grandi decori bianchi, dal quale emerge la figura slanciata della danzatrice che indossa solo una maschera. Il richiamo all’arte del Sol levante è ben evidente nell’impostazione dinamica, nella tecnica, nei colori, nei disegni del manto e nella maschera ispirata al teatro kabuchi. Sono di questo periodo le “serie giapponesi” che Gruau dipinge, molte delle quali non legate alla committenza pubblicitaria.

Uno dei suoi vertici grafici lo raggiunge nel poster pubblicitario della sua mostra alla Galleria Tallien di Saint-Tropez nell’estate del 1976, presente nella collezione permanente riminese. Tre colori. La sagoma di un corpo femminile completamente bianco ritagliato sul fondo nero, avvolto da una fascia-spirale rossa che finisce come una maschera sul viso. Un mix di cultura europea contaminata dall’oriente, unico e di rara bellezza.

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui