«Il teatro per me è garanzia di longevità, lo preferisco alla tv»

Rimini

«Perché deve avere un tempo? Una durata stabilita? Lo spettacolo non si sa quanto dura, potrebbe andare dalle due alle tre ore, come un sequestro di persona!».

Maurizio Battista parla del lavoro con cui approda al teatro Nuovo di San Marino stasera alle 21. È il suo “Cavalli di razza”.

L’attore è nato a Roma dove tuttora vive e la sua parlata non tradisce le sue origini, conferendogli autenticità e simpatia. Ha iniziato a fare teatro nel ’78 e televisione nell’89 partecipando a “Fantastico”. Pippo Baudo poi lo ha voluto a fianco in “Partita doppia” su Rai1 e da quel momento non ha più abbandonato la tv ma neppure il palcoscenico. Il suo primo show teatrale “Vatte a fidà” è del 2001 e da allora la sua carriera si è divisa fra teatro e televisione, su La7, la Rai, Mediaset. Ha partecipato a “Voglia d'aria fresca”, a “Ballando con le stelle”, ha condotto “Il mio secondo matrimonio” e “Tutte le strade portano a...” Nel 2014 è stato tra i conduttori di “Striscia la notizia” e dal 2016 conduce su Comedy Central “Battistology”, show formato da monologhi, alternati con sketch, reportage ironici e interviste realizzate in esterna.

Chi sono i cavalli di razza e perché questo titolo?

«Perché si va a raccontare dei pezzi storici che funzionano sempre e si presentano quelli nuovi, anche inediti, che rappresentano veri puledri e che diventeranno qualcosa di più».

Come avviene la scelta e quanto torna indietro coi flash back?

«Dipende dal pubblico e dalle richieste. Lo spettacolo è molto interattivo, parto dai nuovi sketch e vado indietro, inserendo ciò che è più gradito. Io non sto lì sul palco per fare il santone o il filosofo, sto lì per far ridere e per divertirci insieme».

Ma in scena è solo, niente ballerini e cantanti?

«Sono solo e abbandonato! Sono io con la mia formula un po’ naive che è poi la mia cifra, tutto qui!».

Vista la carriera così feconda in tv e in teatro viene naturale chiederle cosa predilige.

«Il teatro certamente perché è un esame di verità. Perché in teatro servono le capacità e per resistere a oltre venticinque repliche in un mese o alle continue trasferte serve star bene ed essere lucidi. Il teatro è anche una garanzia di longevità, a 80 si può stare ancora sul palco! Io lo preferisco anche se devo ammettere che è molto più faticoso, però sei aiutato dal cuore e dall’intesa con il pubblico, soprattutto quando ti premia con 42mila presenze in un mese».

La tv allora?

«È più fredda, è più facile, ma ripeto non ti dà garanzie di longevità».

Però deve molta della sua popolarità alla tv.

«Sicuro, se proprio insiste sull’argomento, devo dirle che sono stato molto aiutato soprattutto da spettacoli come quelli che ho portato su Comedy e ora anche su Spike Tv, perché lì ti vedono come sei veramente, lì non si bluffa e quel pubblico poi passando parola ne porta altro in teatro».

Per lei essere comico è una cosa naturale, ma la sua verve dove e quando è nata?

«È nata con me, fa parte del mio carattere, è il mio modo di esprimermi. E sul palco io sono questo, sono come quando stavo al bar e lavoravo chiacchierando coi clienti».

Avrà avuto un modello di riferimento tra gli attori comici.

«Per forza di cose il mio riferimento è stato ed è Gigi Proietti , ma io non ho fatto accademie o scuole, ho fatto solo cappuccini».

Cappuccino dopo cappuccino, ispirazione e improvvisazione non sono però mancati.

«La mia ispirazione viene dalla vita di tutti i giorni, parlando con i clienti, con Bruno o Giorgio, e dalle mie esperienze più private, ad esempio non ho fatto accademie ma ho fatto tre mogli e mi sono molto servite, e tre figli, di 37, 35 e l’ultima di un anno e mezzo… più ispirazione di così!».

C’è anche la Romagna nei suoi monologhi vero?

«Come no! Mio nonno era di Riccione e io racconto il viaggio delle truppe cammellate verso il mare, la Romagna è nel mio cuore e nei miei spettacoli».

Quale messaggio manda al pubblico?

«Se stasera hanno piacere di venire in teatro bene ma se hanno cose migliori da fare le facciano».

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