«La follia mi ha salvato la vita»

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MILANO. «Ogni tanto recupero un frammento tv di allora e, riguardandomi, mi sembra di vedere una rincoglionita. Non avevo 14 anni, ne avevo 20. Ero naïf, troppo naïf. Mi intervistò Mentana e mi disse: «“Sei zuccherosa”. Non era un complimento, ma aveva ragione».

Così Laura Pausini, in un’intervista a "Vanity Fair" che le dedica la copertina del numero in edicola da mercoledì 24 gennaio, racconta il suo prima e il suo dopo. In mezzo, il momento in cui si è impossessata di quello spirito ribelle e vagamente folle che scorre nel sangue della sua famiglia: «Sono una brava ragazza, ma resto un po’ pazza. Siamo un po’ matti, noi Pausini, E quella vena di follia mi ha salvato la vita». Dandole la forza di fare di testa sua. Come oggi che decide di uscire con il nuovo disco, "Fatti sentire", a marzo, che per la musica è bassa stagione. «Mi dicevano: Esci a Natale. Ma mi sono imposta».

Ha imparato a imporsi, Laura, nel 2001. «L’impatto con il successo era stato devastante. Per molti anni non ero riuscita a essere me stessa. Era tutto gigante e tutto eccessivo, ma io non avevo alcuna voce in capitolo... Mi sentivo una bambolina trascinata qui e là. La svolta accadde in America. Mi ero trasferita lì per qualche mese e venni trattata come quella che non volevo essere e men che mai diventare... Mandai a fare in culo un grande capo delle major Usa e scoprii una parte di me che non conoscevo. La parte della ribellione... E mi rese molto orgogliosa... Permettere agli altri di non farmi crescere nel momento in cui era necessario farlo restava una mia precisa colpa, ma dire il primo no fu importantissimo. O reagivo e mi assumevo delle responsabilità, o cadevo per sempre. Scelsi di reagire e da allora sono diventata una decisionista. Prendo tutte le decisioni, quasi sempre in modo drastico. Perché le decisioni non sono mai morbide, le decisioni non possono accontentare tutti».

Laura sa da dove viene quello spirito. «Sono testarda come mia nonna. La madre di mio padre si chiamava Maria. Era la meravigliosa pazza di casa, accoglieva in un giardino grande come un fazzoletto tutti i gatti e i cani randagi del paese, ce l’aveva con gli uomini e non si radeva da quando, dopo quattro anni di matrimonio, suo marito era morto all’improvviso. Non l’aveva assolto per l’abbandono prematuro: “Sono cattivi i maschi, finiscono per lasciarti sempre da sola”... Con i suoi baffi e il suo volto rugoso, con la sua voce roca, la sua forza straordinaria e il suo grande culone - l’unico della famiglia, che chissà perché, tra tutti i Pausini, ho avuto in sorte soltanto io - nonna Maria sognava di andare al Dancing Pamela, in balera... Stava male ma continuava a radunare animali nel cortile, a imprecare verso il cielo, ad andare in minigonna sulla pista, e più d’uno pensava fosse immortale. Quando arrivò il momento mi chiese la playlist per il suo funerale: "Tango delle capinere" e "Parlami d’amore Mariù". “La voglio a tutto volume, Laura, che la sentano tutti”. Andò proprio così e Solarolo, con le sue 3500 persone, finì per considerarci come sempre ci aveva considerato: degli eccentrici».

 

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