Tolti al settore 4,5 milioni: e dopo?

Rimini

BOLOGNA. Con la declassazione delle Province a enti di secondo grado rischiano di sparire i fondi destinati alla Cultura? È quanto paventato dall’assessore regionale Massimo Mezzetti, che proprio nei giorni scorsi ha inviato una lettera aperta al Governo e ai parlamentari emiliano-romagnoli sottoscritta da tutti gli assessori provinciali.

Il primo effetto concreto che avrebbe in Emilia-Romagna l’approvazione del cosiddetto decreto “Svuota Province” firmato dal sottosegretario Graziano Delrio sarebbe un taglio pari a oltre 4,5 milioni di euro, e questo perché il ddl non prevede la cultura tra le funzioni fondamentali che resteranno alle Province, né stabilisce di trasferire ai Comuni o alle Regioni le risorse finora investite in questo settore. Dopo l’allarme, intervengono politici, operatori del settore e amministratori come Paolo Valenti, assessore alla Cultura della Provincia di Ravenna.

«Se il legislatore nazionale – dice Valenti – non mette la cultura tra le funzioni indispensabili degli enti locali, per essa non ci saranno più risorse. Addirittura in questo momento parte delle nostre entrate dirette – cioè le tasse che pagano i cittadini emiliano-romagnoli – vanno direttamente a Roma. Nell’ultimo anno, nel processo di “svuotamento” e riforma, alle Province italiane è stato tagliato un miliardo di euro, ma in realtà sono i servizi a cui i fondi provinciali venivano destinati ad aver subito i tagli. Si possono chiudere le Province pensando a una riduzione dei costi della politica, ma chiudere i servizi che esse erogavano è tutta un’altra questione».

Quella di cultura e spettacolo in Emilia-Romagna è una vera e propria industria che genera il 5 per cento del Pil regionale e dà lavoro a 78 mila persone. Perché il governo la penalizza così?

«Non ne ho idea, ma è evidente che è un’idea del tutto sbagliata. Faccio un esempio: un dato recentissimo recita che nel 2013 l’80% degli italiani non è andato in un museo. È una domanda inespressa sulla quale occorrerebbe investire. E poi è impossibile gestire tutto da Roma».

Per Carlo Bulletti, assessore provinciale riminese «la cultura ha già subito pesantissimi tagli. Un ulteriore taglio alle risorse per questo settore sarebbe ingeneroso, imprudente e improduttivo. Credo che se si toglie una cosa, prima si debba pensare a come sostituirla».

Nella provincia di Rimini quali potrebbero essere le realtà che si troverebbero maggiormente in sofferenza?

«L’impianto culturale di un territorio (musei, biblioteche eccetera) viene prima di alcune forme di manifestazione artistica. I Comuni quindi devono cominciare a impostare un sistema per mantenere questo impianto strutturale. Poi ci sono i centri teatrali – quali Santarcangelo, Riccione o Mondaino – che negli anni si sono strutturati, ricevendo plauso a livello nazionale e internazionale».

 

Anche Bruna Baravelli, assessore alla Cultura della Provincia di Forlì-Cesena, si dichiara «pienamente d’accordo». «Visto che la cultura è trasversale, può insorgere anche la tentazione di abbinarla ad altri settori: sport, turismo… frammentandola. Negli anni abbiamo lottato per ottenere finanziamenti per i progetti del nostro territorio, vagliando e valorizzando le diverse iniziative, e da anni lavoriamo in rete: le nostre Province già ragionano per area vasta, ma con uno sguardo politico, e con scelte per il territorio. Io comunque ho fiducia proprio perché vedo come stiamo reagendo. E se altrove c’è già chi si è defilato, noi invece restiamo “sul pezzo”: con la speranza che ci sarà chi prenderà il testimone».

Patrick Leech, assessore alla Cultura del Comune di Forlì, pensa che la domanda rivolta al Governo sia molto seria. Aggiunge dal canto suo una prospettiva europea: «Le linee europee del settennio 2014-2020 prevedono negli altri Paesi del continente un incremento del 37% delle risorse destinate alla cultura: l’Europa infatti riconosce ad essa un ruolo fondamentale anche per lo sviluppo economico dei territori. In Romagna abbiamo tanti elementi che non vanno messi in discussione, come la nostra rete bibliotecaria, l’unico esempio sovra provinciale in tutta Italia: situazioni all’avanguardia, quindi, esempi a livello internazionale che non possono essere penalizzati».

Maria Elena Baredi, assessore comunale alla cultura di Cesena, precisa: «La legge nazionale deve ancora prendere una decisione su chi affiderà le deleghe. Bisogna capire chi le assorbirà».

Comunque sia, il contributo provinciale su Forlì-Cesena era già molto esiguo nel 2013.

«Praticamente la Provincia aveva azzerato i suoi contributi (62 mila euro per l’intero territorio provinciale, ndr). Perciò il comune di Cesena era intervenuto con risorse proprie per fare fronte alla stagione 2013-14. Non abbiamo tagliato. A parte l’inaugurazione della struttura della nuova Malatestiana, abbiamo potuto contare su contributi di privati per progetti culturali quali Archimede, Machiavelli, Boccaccio. Per un ammontare complessivo compreso tra 20 e 30 mila euro».

I privati collaborano volentieri a iniziative pubbliche?

«I privati sono disponibili, specialmente per eventi importanti. Ma se non c’è il pubblico a fare da motore, anche il privato si annulla».

Quale sarebbe lo scenario migliore secondo lei una volta declassate le Province?

«Se le deleghe passassero alla Regione, si potrebbe creare un tavolo di discussione con i Comuni. Se i contributi nazionali venissero elargiti direttamente ai Comuni, non cambierebbe un granché. Certo che, comunque sarà, ci aspettiamo quanto meno i contributi del 2012 (4,5 milioni), non quelli del 2013! Il neo ministro Dario Franceschini ha dichiarato che la cultura è il ministero economico più importante. Speriamo lo sia veramente».

All’appello di Mezzetti risponde anche il deputato ravennate Giovanni Paglia: «È bene essere molto chiari e sapere che in questo momento la maggioranza di Governo non sta affatto cancellando le Province; al contrario, queste saranno mantenute e ad esse verranno affiancate le Aree Metropolitane, cancellando qualsiasi controllo democratico sul loro funzionamento, e soprattutto tagliando le risorse indispensabili per mantenere i servizi, non solo sul fronte culturale». «Il ddl Delrio – prosegue Paglia – attualmente in discussione in Parlamento va di pari passo con tagli di bilancio che non colpiscono le Province, ma i cittadini, cui vengono negati in prospettiva servizi fondamentali». E conclude auspicando «un deciso quanto indispensabile cambio di rotta».

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